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Care amiche, cari amici, sono già trascorsi  i cento anni di ininterrotta attività della rivendita di giornali “de la piasa” e non posso, con l’occasione, non parlare di  Valerio   che “el giornalar” proprio lì l’ha fatto per ben 28 anni. Valerio Bellesini classe 1927, “pistor (fornaio), giornalar, cantante, zugador de fubal, e tanto altro ancora” è il quinto dei sette figli maschi di Aldo, detto “el Ratti”  e di Emma Pasqua De Gobbi.  Per la storia dell’edicola occorre fare un passo indietro. Enrico Bellesini  detto “ el Tosca” (zio di Valerio) inizia l’attività  nel lontano 1914, vendendo i giornali porta a porta o nella sua casa  in Corte Fantoni. Di quegli anni, è ancora vivo il ricordo della sua piccola bicicletta  con una cassetta verde per i giornali sul davanti ed il suo inseparabile berretto con visiera  con la scritta “l’Arena”.  Allora i giornali arrivavano da Verona solo col primo, (e unico) treno del mattino. Per poter iniziare a venderli già in stazione il “Tosca”, in località Cascina Verde dove il treno rallentava, saltava su al volo, si faceva dare i suoi giornali e,  tempo di arrivare in stazione, che era già pronto per  venderli. C’erano solo pochi minuti, prima i soldi poi il giornale. É dopo la fine della guerra, nel 1946, che la rivendita si sposta in piazza, in un piccolo chiosco di legno.  Valerio  subentra nell’attività nel 1952, come  racconta nel suo diario, che vi invito a procurarvi e leggere perché nella sua pur contenuta forma (68 pagine), nel ripercorrere la sua storia, descrive in modo chiaro, semplice e preciso uno straordinario  “spaccato” della vita villafranchese che va dal periodo fascista ai giorni nostri. Con il consenso dell’autore,  ne  riporto alcuni passaggi: “… ho sentito che lo zio Enrico si è ammalato e voleva cedere la sua piccola edicola, un piccolo chiosco in piazza. Lo zio Tosca era il re degli strilloni. In quel tempo lo aiutava mio fratello Benvenuto. Quando assieme alla zia Maria abbiamo fatto il contratto -30 mila lire al mese- mio fratello Nuto, che sapeva più o meno quanto si guadagnava al giorno, ci ha sconsigliati dicendoci che non si arrivava a fine mese con 60 mila lire, cioè 30 mila per ciascuno, e a fine del primo mese il  guadagno è stato di 58 mila lire. Allora il fratello Nuto ha parlato con la mamma dicendole che non potevo pagarlo. La carissima mamma gli ha risposto “basta che ti dia un piatto di minestra”. E il fratello andò avanti per qualche anno, e così con un po’ di aiuto dalla zia Maria sbarcavamo il lunario. Erano tempi che di soldi ne circolavano pochissimi. Ricordo il sacrificio di rimanere 12 ore, e volte anche di più, nel piccolissimo chiosco di legno con l’aiuto e l’insegnamento del fratello Nuto, della carissima mamma Pasqua che alle ore 13 mi dava il cambio per andare a mangiare un piatto di minestra, qualche volta ho mangiato nel chiosco… facevo servizio ogni giorno, recapitando i giornali a casa per tutto il paese. Ero l’unico edicolante e il giro mattutino era di ben 4 ore. Io dovevo correre perché tutti volevano il giornale a casa,  ma presto. Alcuni proprietari dei bar mi dicevano: “portalo prima a me che ti do una pastina”. Tutto questo perché chi andava a bere il caffè leggeva anche i giornali gratis. Alla sera i giornali non si potevano più leggere. Ricordo un  particolare: di solito ai bar tentavo di andarci il più tardi possibile ma avevano quelli che venivano a prenderli. Una mattina è venuto a prendere il giornale per il Caffè di Ruzza, la persona più ricca di Villafranca (non faccio il nome). Questa persona con eleganza, molto educato, mi ha detto: “Signor giornalaio, guardi che non c’è ancora il giornale al Caffè di Ruzza”. Io gli ho risposto ”Lo porto tardi apposta”  dicendole “ se tutti facessero come lei, io dovrei andare a mangiare dai frati”. Lui ha preso il giornale, mi ha ringraziato con un bel buongiorno, dicendomi ancora: “Signor giornalaio”… Non mi sono mai dimenticato di mia moglie che nei 28 anni che abbiamo fatto gli edicolanti ne ha fatte di ore prima nel chiosco di legno poi nella bella edicola fatta in muratura”. Valerio, cantante, dotato di voce e talento straordinari avrebbe senz’altro avuto davanti a sé una brillante carriera… “continuavo a lavorare, giocare a calcio, cantando sempre perché mi piaceva , ma non mi sono mai dedicato allo studio del canto e sinceramente, ho sbagliato…”. Era già stato notato ed apprezzato, anche dal grande tenore  Giuseppe Lugo, quando, con una giovanissima Alida Ferrarini, fu invitato dal maestro  Caroli a Milano. Incisero una canzone ciascuno. Gli elogi erano stati per entrambi ma Valerio avrebbe dovuto rimanere a Milano per almeno 4 mesi a studiare  dizione, perché quando cantava si sentiva che era veneto e così lui rinunciò. E tuttavia altre occasioni non mancarono. Nel ’59 a Recoaro Terme fu avvicinato dal maestro Alessandro Sopranzi, noto autore di musica leggera (sue le famose canzoni  Alba sul Mar e Faccetta Nera),  che dopo averlo voluto sentir cantare “O’ Sole Mio” gli  promise un’audizione alla Rai. E l’invito per Roma  arrivò, tanto che sul giornale l’Arena uscì un’ articolo a tutta pagina e titolo a caratteri cubitali “Canterà alla radio il giornalaio Bellesini”,  come pure arrivò l’ennesima rinuncia. “…avrei dovuto lasciare il lavoro e poi visto che mia moglie non era per niente contenta..”. Come quella volta in Olanda quando durante una vacanza cantò addirittura in televisione  e su un  giornale olandese uscì un’ articolo intitolato: “Valerio – turista italiano, piccolo Gigli”. Fecero una registrazione della canzone “La Fisarmonica” e gli offrirono  un contratto. “…Ricordo era l’una di notte. Telefonai a mia moglie dicendole “vogliono che io rimanga in Olanda a cantare per fare i dischi”. La sua risposta è stata secca e decisa “Ma dove sei?” – “Sono ancora in Olanda”- “Deficiente, se domani non sei a casa chiudo l’edicola”. Ci ho pensato un po’ e mi sono detto “O canto, o la famiglia”. Giustamente ho scelto la famiglia, soprattutto perché sapevo di avere una moglie bravissima …” E se tanti sono  stati i rimpianti non sono certo mancate le soddisfazioni, come quella di vincere, a 28 anni, un concorso per Voci Nuove, l’opportunità di cantare con il grande Luciano Tajoli e di essere chiamato (“gratis caritatis”)  da innumerevoli coppie di sposi in duomo per impreziosire la loro cerimonia nuziale con una struggente Ave Maria. Ma torniamo all’edicola, nel 1980 Valerio cede la rivendita ai figli del fratello, il nostro impareggiabile  Nuto (ma questa è un’altra storia),  Elisabetta e Giancarlo che con l’immutata passione del “Tosca” ne stanno continuando l’attività. “L’era la Vilafranca de  ‘na ‘olta” quando la famiglia veniva prima di ogni altra cosa, anche di straordinarie opportunità di fortuna e successo.  Alla prossima.

Rico Bresaola

GdVerona febbraio 2 pag30

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