6 maggio, 11 e 15 settembre 1976: quando la terra tremò in Friuli
Alle ore 21:00 del 6 maggio 1976 il Friuli tribolato e lavoratore fu messo in ginocchio da un terremoto con epicentro posto tra i comuni di Gemona ed Artegna (presso la località Lessi), a nord d’Udine, ma con epicentro strumentale ad est, tra Taipana e Lusevera. Altri esperti hanno ipotizzato altri due “nidi” dell’epicentro, uno nel gruppo del monte Chiampon (accanto a Pradielis ed a Cesariis) ed un altro nella val Resia. L’intensità raggiunse la magnitudo 6,5 della “scala Richter”.
L’evento naturale interessò un’area di 5.500 chilometri quadrati (imperversando nella media valle del fiume Tagliamento) e circa 600mila abitanti. Venne avvertito in quasi tutta l’Italia centro-settentrionale e nelle zone dell’alta e media valle del fiume Isonzo, in Slovenia (all’interno dell’allora ancora Jugoslavia), dove furono coinvolti soprattutto i comuni di Tolmin/Tolmino, Kobarid/Caporetto, Kanal ob Soči/Canale d’Isonzo, Bovec/Plezzo.
I morti furono 989/990 (stando a varie fonti). Gli sfollati risultarono più di 100mila, con 18mila case rase al suolo ed altre 75mila danneggiate. Il territorio subì lesioni per un valore di 4.500 miliardi di lire (cioè, oltre 18,5 miliardi di euro), mentre si contarono 45 comuni pressoché completamente distrutti (quali Osoppo, Gemona del Friuli, Buia, Venzone, Monteaperta frazione di Taipana), 40 intaccati in modo rilevante e 52 con lesioni di varia entità. Gli abitati appartenevano ai comuni di Udine e Pordenone, a parte 3 in provincia di Gorizia. Un preoccupante “effetto collaterale” in più fu che 15mila lavoratori rimasero senza occupazione a causa della distruzione o della non agibilità delle fabbriche.
Per un curioso ed insieme tragico gioco del destino, i paesi maggiormente colpiti erano passati senza particolari devastazioni attraverso le due Guerre Mondiali del Ventesimo secolo. Solo San Daniele del Friuli subì rovina ad opera dei bombardamenti aerei del 1944 ed era “risorta” dalle macerie riedificandosi parzialmente secondo canoni urbani più consoni. La scossa del 6 maggio provocò in ogni caso, a San Daniele, il deterioramento di chiese e palazzi medievali oltre all’abbattimento di edifici del centro che causarono diversi decessi.
Pioggia sul bagnato furono altri gravi movimenti tellurici (aftershocks) nel settembre successivo, l’11 alle ore 18:31 ed alle 18:35 (rispettivamente 5,3 e 5,6 di magnitudo) ed il 15 alle ore 5:15 ed alle 11:21 (5,9 e 6,00), con epicentro rilevato tra Gemona del Friuli e Venzone. Ci furono altre 12 vittime e riportarono ulteriori gravi danni specialmente i comuni di Montenars, Osoppo, Buia, Trasaghis, Bordano, Gemona del Friuli, Venzone e la frazione di Monteaperta.
Altre scosse d’assestamento susseguenti non incisero sulla caparbia volontà di rimboccarsi le maniche in prima persona, tipica dei friulani e la ricostruzione dall’ingente rovina avvenne in tempi relativamente brevi senza indugi e scandali. Ed il senno immancabilmente di poi fornì validi supporti alla struttura dell’erigenda Protezione civile.
Servizio e foto d’archivio esclusive di
Claudio Beccalossi