Girovagando tra bottiglie e vignaioli.
Con qualche politico in vena di commenti
Dopo ben due edizioni consecutive, 2020 e 2021, annullate per l’onda lunga da Covid-19, finalmente il 54° Vinitaly (Salone internazionale dei vini e distillati, in parallelo col 23° Enolitech, evento altrettanto internazionale delle tecnologie per la produzione di vino, olio e birra) è tornato in presenza negli spazi di Veronafiere, dal 10 al 13 aprile. Il dato saliente emerso a cancelli chiusi è stato il top dei top d’incidenza di buyer stranieri in relazione agli ingressi: i 25mila operatori provenienti da 139 nazioni hanno costituito il 28% degli 88mila “addetti ai lavori” affluiti al Vinitaly. Questo nonostante la consistente recessione connessa alle limitazioni pandemiche ed alle conseguenti difficoltà di viaggio da Paesi come la Cina ed il Giappone, per non parlare della Russia in… stato d’accusa per l’invasione dell’Ucraina. L’arrivederci, ora, è al 55° Vinitaly, in programma dal 2 al 5 aprile 2023.
E, con la cronaca della manifestazione fieristica ancora fresca (come uno spumeggiante prosecco), finiranno in archivio anche storie, volti e fatiche dietro vini dell’eccellenza vignaiola italiana che resiste ed insiste.
Vagabondando tra i padiglioni regionali del Vinitaly e sorseggiando qua e là, senza precise preferenze o schemi d’esperienza, s’è potuto avere qualche informazione enologica dalla signora Anna, moglie del produttore vitivinicolo Nicolino Travaglini dell’azienda agricola “Terre d’Erce” di Vasto (Chieti). Pronta a far assaggiare lo spumante brut rosé “Velico”, il Montepulciano d’Abruzzo “la Paurosa” ed il Pecorino Terre di Chieti “Mottagrossa” .

Altrove è stato il viticoltore Fabio Saravesi dell’azienda agricola “De Alessi” di Lu e Cuccaro Monferrato (Alessandria) ad offrire Monferrato rosso “Dalera”, Barbera del Monferrato superiore “Mepari”, Piemonte Grignolino, Monferrato bianco “Sperilium” e Monferrato bianco “Disdot”.

I fratelli Stefano ed Alex Traverso della “Vigna Traverso” di Prepotto (Udine) hanno invitato alla degustazione di bianchi “Friulano” 2020, “Sauvignon” 2021, il “Sottocastello Rosso” (Merlot) e la selezione “Schioppettino di Prepotto”.

Accanto all’armatura medioevale, Eva Kaneppele della tenuta “Ritterhof” di Kaltern/Caldaro (Bozen/Bolzano, Südtirol/Alto Adige) ha versato i “gioielli di famiglia”: Weißburgunder/Pinot bianco“Verus”, Gewürztraminer “Auratus”, Lagrein “Latus” ed il Rarus Lagrein riserva “Manus”.

L’enologo Angelo Soleti ha fatto gli onori di casa delle Cantine Upal di Cisternino (Brindisi), cantina ed oleificio in valle d’Itria. Mescendo nei calici Locorotondo Verdeca, Salento Pescarosa, Valle d’Itria Susumaniello rosso.

Brillante imbonitore, Nic Tartaglia dell’azienda agricola omonima d’Alanno (Pescara) ha centellinato per gli ospiti Trebbiano d’Abruzzo annate 2015, 2016 e 2020, Pecorino 2020, Cerasuolo 2020, Montepulciano 2018, Cabernet Sauvignon 2016 e Riserva Montepulciano 2015.

Ed Enza Greco, responsabile marketing delle Cantine Greco Vigneti di Calabria di Torretta di Crucoli (Crotone) ha insistito con alcune sue “perle”: il Cirò rosso superiore “Il Pagano”, il Cirò rosato “Patia”, il Cirò bianco “Donna Imma” ed il Calabria bianco “Cento Albe”.

Nel corso dell’itinerario enologico a… briglie sciolte (più sul prosaico cammino del Sangiovese che del pellegrino di… Santiago di Compostela), due politici incontrati nel padiglione della Regione Veneto sono stati pungolati a commenti non solo sul Vinitaly del riavvio dopo il biennio nero ma pure sul conflitto in Ucraina, ai bordi estremi dell’Europa finora balbettante.
Il senatore della Lega Gian Marco Centinaio (Pavia, 31 ottobre 1971), dal 1° marzo 2021 sottosegretario al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e già ministro dello stesso dicastero (dal 1° giugno 2018 al 5 settembre 2019), distolto da selfies nello spazio dedicato al Custoza, ha rimarcato alcuni punti focali.


D – La sua impressione sull’edizione del Vinitaly della cosiddetta rinascita.
R – «Penso che questo Vinitaly sia di rinascita, ripartenza, dove s’è parlato d’identità, di sostenibilità, di qualità. Un Vinitaly con tante persone, con tanti giovani viticoltori, vignaioli, giovani che si sono approcciati al mondo del vino. È un Vinitaly che guarda al futuro, con un brand, Vinitaly, che ha due eccellenze nel mondo: il vino e l’Italia».
D – E per quanto riguarda la crisi ucraina e, soprattutto, il mercato russo, cosa può dire a riguardo?
R – Il vino italiano ha esportato in Russia negli anni scorsi circa 140 milioni di euro. L’obiettivo che vogliamo perseguire è lavorare per trovare mercati alternativi. Mercati alternativi vuol dire sicuramente l’Est asiatico, penso al Giappone, penso alla Corea del Sud, penso alla Cina. Penso però anche a mercati più maturi come gli Stati Uniti e mi piace pensare pure all’Italia, mercato dove ci sono margini di miglioramento e noi come ministero abbiamo messo 25 milioni di euro per la promozione insieme ai consorzi dei vini italiani».
Più complesso ed articolato quanto emerso dall’intervista al consigliere regionale della Lista Zaia Presidente Stefano Valdegamberi (Tregnago, Verona, 6 maggio 1970, ex sindaco di Badia Calavena, dove vive con la famiglia, dal 1997 al 2005, ex assessore regionale alle Politiche degli enti locali e del personale dal 19 maggio 2005, quindi ex assessore regionale alle Politiche sociali dal 9 novembre 2006 fino al 9 aprile 2010).
Valdegamberi è stato duro e controcorrente, rispetto all’interpretazione monocorde dei media, riguardo alla drammatica situazione ucraina. «È mancata la diplomazia, è stato usato strumentalmente un popolo attraverso un’ucrainizzazione forzata della componente russa attraverso anche bande neonaziste, togliendo la libertà d’usare la lingua russa così com’è successo alla minoranza ungherese: chi parlava ungherese veniva punito e picchiato».
«Auspico che l’Europa faccia quello che non ha mai fatto finora: far applicare gli accordi di Minsk, disattesi dall’Ucraina e con un conflitto nel Donbass che abbiamo sempre ignorato e che già c’era, con 14mila vittime. È una guerra che si sarebbe potuta evitare. La diplomazia dovrebbe lavorare per ricomporre, per cercare una mediazione e non per esprimere con arroganza una posizione contro l’altra, sia da parte occidentale che russa. In Crimea domenica scorsa pregavano perché temevano che le cose andassero male per i russi e perché non volevano ritornare con gli ucraini. Bisogna vedere anche quali sono stati prima gli atteggiamenti dell’Occidente nei confronti della Russia. Sento di azioni di invio di armi, di opposizione ad oltranza. Sento Biden che dice “fino all’ultimo europeo, ucraino bisogna combattere”, fanno sempre morire gli altri, la povera gente. Vedo oggi incitazione alla guerra. I segnali non sono belli e questo conflitto potrebbe estendersi e diventare mondiale».
«C’è un basso livello della classe politico-diplomatica mondiale. – ha sottolineato con veemenza il consigliere regionale – Si vive per slogan, Sono finito nella black list del governo ucraino per i miei impegni senza finalità politiche in Crimea. È scandaloso in un Paese democratico. Zelens’kyj è tanto democratico che ha fatto ammazzare un suo negoziatore, poteva metterlo in carcere. Ha negato a tutte le minoranze il diritto d’usare la propria lingua, ha soppresso i partiti d’opposizione ed ha concentrato tutta la comunicazione su se stesso».
«La mia vicinanza alla cultura cimbra rientra nel rispetto delle minoranze perché sono ricchezza, non sono un motivo di divisione ma d’unione, anche a livello europeo. Il cimbro è una nostra lingua che è riuscita a sopravvivere in minima parte fino ad oggi. È stata vietata nel periodo fascista. C’era il divieto di parlare cimbro, d’usare questa lingua nelle scuole. Veniva bacchettato e punito chi adoperava queste parole, i genitori erano invitati a non usarle ed a non insegnarle ai figli. Le stesse vessazioni che oggi vediamo in Ucraina da altri fascisti. Viaggiano con le svastiche e li chiamiamo “democratici”. Impariamo dalla storia a non ripetere gli errori».
«La Russia oggi s’è coalizzata intorno a Putin. Miei amici a Mosca, che erano tutt’altro che filoputiniani, ora ammettono di non aver mai sentito una coesione attorno a lui ed all’unità nazionale come in questo momento. Le misure che vanno a punire i russi, con molotov lanciate davanti alle case di persone d’origine russa, aggrediti, spaventati, non è un bel vedere dell’Italia. I russi amavano gli italiani. Pagheremo caro anche economicamente questo comportamento puerile e di basso profilo che, ci dicono, è stato il peggiore di tutti gli europei. Non ci fa onore e ci tornerà contro a breve termine».
Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi