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Tempi di neoinquisizione. Tra pandemia e guerra
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Tempi di neoinquisizione. Tra pandemia e guerra

8 Aprile, 2022 Attualità

Incontro pubblico a Porta Palio col giornalista Francesco Borgonovo: «Il negazionismo, arma d’accusa di chi non accetta i dubbi altrui!» 

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   S’è ispirato ai tribunali speciali ecclesiastici per la repressione dell’eresia di medioevale memoria Francesco Borgonovo (Reggio Emilia, 1° maggio 1983, giornalista e saggista, vicedirettore del quotidiano “La Verità”) per intitolare il suo ultimo libro sull’emergenza pandemica da Covid-19 all’italiana, “Inquisizione. Cronache dal delirio sanitario” (Signs Publishing, Milano, 2022). Il “perché” d’un simile accostamento non solo provocatoriamente indovinato (meglio sarebbe stato neoinquisizione) l’ha spiegato al pubblico presente in una sala interna di Porta Palio, nella serata del 6 aprile.

   Conversando con il consigliere Andrea Bacciga e con l’assessore Francesca Toffali del Comune di Verona, Borgonovo ha specificato che «l’inquisizione come strumento, come macchina giuridica funziona (io ho molto semplificato) sulla base morale, cioè l’inquisitore è il rappresentante del bene, tu sei l’adoratore del demonio, non siamo sullo stesso piano. Io sono un giudice e tu un indagato, non siamo due persone che la pensano diversamente, che hanno opinioni diverse, ci confrontiamo. Oggi, su tutti i giornali, sulle prime pagine, c’è la parola negazionismo riferita a chi, giornalisti, hanno espresso dei dubbi, perché il giornalista fa questo di mestiere, gli viene presentata una verità ufficiale e lui si chiede “ma è vera?”. A sinistra hanno costruito ideologie su questo. Altrimenti avremmo dovuto prendere delle veline da sempre e fermarci lì».

Nella prima foto: a sinistra Francesco Borgonovo, al centro Andrea Bacciga e a destra Francesca Toffali.
Nella seconda foto: a sinistra Andrea Bacciga e a destra Francesco Borgonovo.
Nella terza foto l’assessore Francesca Toffali.
Nella quarta e ultima foto il consigliere comunale Andrea Bacciga

   «Se nell’attualità – ha proseguito il giornalista – ti dici “però, questa cosa non mi torna” sei un negazionista, come nei confronti del virus. Il negazionista, che immediatamente richiama all’Olocausto, così come quella d’untore, è una posizione discordante non ammessa perché tu non sei una persona che la pensa diversamente da me con cui posso dialogare, tu sei uno che è pericoloso, sei uno che è moralmente deplorevole, sei un negazionista come il peggior essere in assoluto al mondo, cioè quello che nega l’Olocausto ed allora sei moralmente inferiore, per cui non hai diritto a parlare sul mio uguale livello, devi tacere».

   «È un meccanismo molto sottile, sempre uguale. Noi, come società, abbiamo identificato il male assoluto nel nazismo, Hitler è il male assoluto. Allora, tutto ciò che la nostra società vuole condannare lo paragona a Hitler, lo riduce a Hitler. Putin è Hitler, Salvini è Hitler o come Hitler, è nazista, la Meloni è nazista, quell’altro è nazista e via dicendo. Sono il male assoluto, quindi, chi sta con loro o chi non assume posizioni di chi considera Hitler uguale a Putin, è un negazionista. Cioè un essere inferiore, schifoso, brutto, che fa una cosa orrenda perché si permette di non aderire all’opinione ufficiale, precostituita. Questo è veramente terribile perché fa perdere un pezzo. Cioè, quando tu scegli a priori che c’è una tesi che va bene e tutto il resto no, che c’è un buono ed un cattivo, che c’è un carnefice ed una vittima, vuol dire che tu ad una parte togli la voce. Invece, visto che noi siamo tanto attenti alla nostra democrazia, questa funziona se ci sono opinioni diverse, se c’è un dibattito pubblico. Le opinioni diverse si confrontano e la maggioranza delle persone si fa un’idea e poi vota di conseguenza. Così funziona, a grandi linee. Invece, c’è un’unica opinione egocentrica e chi non l’ha viene trattato da coglione. Il dibattito è a senso unico, tanto poi non si vota perciò decidiamo noi. C’è qualcosa che non torna».

   Borgonovo (ospite “fuori dal coro” in vari talk show dove viene spesso sfacciatamente interrotto o tentano addirittura di zittirlo) ha criticato aspramente il controverso fenomeno pandemico made in Italy. «Il green pass? Uno strumento nato con uno scopo e che s’è trasformato in strumento di ricatto e d’oppressione vergognoso. Follie del tracciamento asfissiante. Ancora adesso bambini che vogliono giocare a pallacanestro non lo possono fare. Un meccanismo inquisitoriale che si sta ripetendo col conflitto in Ucraina».

   «Che il green pass ed il vaccino siano un atto d’amore verso gli altri è un falso. Sono io a decidere. Non è stato utilizzato per proteggere la comunità ma per proteggere te stesso a costo di discriminare l’altro. Parlo di qualcosa che è politico, come cittadino ho il diritto di farlo. Il distanziamento sociale è una formula inquietante. È stato sdoganato un sistema di controllo mai fatto da nessuna parte. L’abbiamo accettato per paura, non ha fermato la pandemia. La libertà si scopre quando la perdi. Il fatto è che non l’abbiamo più riacquistata». 

   «Stiamo vivendo il liberalismo reale. – s’è sfogato Francesco Borgonovo – Un sistema che più avanza e più toglie democrazia, valori. Se all’Europa togli le radici cristiane viene un mondo senza regole, dove fai quello che ti pare. Il desiderio è la legge del nostro mondo, incontrollato. Siamo anestetizzati, corresponsabili della situazione. Posseggo la libertà quando nasco, semmai sono io che con la mia libertà legittimo il potere. Oggi, purtroppo, perdiamo quotidianamente libertà».

   «La sinistra, ora apprezza, ammira chi (come in Ucraina) ha il coraggio di morire per la propria patria, dopo aver prima sputato sul patriottismo italiano. Hanno insultato per anni Verona (fascista, razzista, violenta ecc.) ed adesso Enrico Letta sparerebbe col bazooka da casa sua. M’inquieta sentir parlare di genocidio, premessa ad un intervento d’escalation. Abbiamo una potenza nucleare (la Russia) che s’oppone ad un’altra potenza nucleare (gli Usa). È pazzesco che siamo finiti in questo conflitto. L’Italia non è in grado di mediare nemmeno a casa sua, figurarsi tra Ucraina e Russia. L’Europa forse sì ma è composta da Stati che si fanno i fatti loro. Le sanzioni? Fermano forse la guerra?». 

   Nel corso della sua venuta a Verona Francesco Borgonovo ha conosciuto (ed indicato come esempio) Michele Dal Forno, 22 anni, lo studente-rider sfregiato mentre difendeva una ragazza, il 18 aprile 2021, da un sedicenne armato di coltello, poi arrestato e trasferito in un istituto penale minorile di Treviso in attesa del processo. Un intervento chirurgico reso possibile anche grazie ad una raccolta fondi ha permesso al coraggioso giovane di far quasi annullare la profonda cicatrice.

Un paio di domande in ESCLUSIVA

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   D – Possiamo dire che siamo caduti dalla padella nella brace, nel senso che siamo passati dalla fase della pandemia vissuta sulla pelle degli italiani al rischio d’un coinvolgimento nella guerra in Ucraina anche per colpa di scelte del nostro governo?

   R – In realtà dentro la pandemia ci siamo ancora, almeno a livello di restrizioni perché fino alla fine del mese sono in vigore. Continuo a vedere molti rallentamenti prima d’eliminare tutti i divieti e tutte le paranoie che ci siamo fatti. Spero che con la guerra non finisca così. Per ora non siamo belligeranti, abbiamo scelto di fornire come governo delle armi all’Ucraina. Io temo molto che questo manicheismo che s’è imposto stavolta finirà con una parte del dibattito che verrà a mancare e chi ci perderà saranno gli italiani, perché poi patiranno conseguenze prima di tutto economiche. Non voglio pensare che ci siano conseguenze anche sul piano militare, voglio sperare di no. Economiche sì e già le vediamo.

   D – Un ultimo appunto riguardante la presa di posizione della gran parte dei media nei confronti di Toni Capuozzo, lui che ha voluto semplicemente porre in evidenza alcune questioni lampanti che sono state sottaciute dai vari media anche internazionali.

   R – Credo che Toni Capuozzo non abbia bisogno della mia difesa perché si difende benissimo da solo. Ha detto delle cose che pensava, ha fatto bene, ha avuto coraggio. Del resto non è la prima volta, l’ha sempre avuto. Quanto al premio letterario che gli hanno tolto concluderei citando Thomas Bernahrd (Nicolaas Thomas Bernhard, Heerlen, Paesi Bassi, 9 febbraio 1931 – Ohlsdorf, Gmunden, Austria, 12 febbraio 1989, scrittore, drammaturgo, poeta e giornalista, n.d.a.) che diceva: “prendere un premio letterario è come farsi cagare in testa!”.

Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi

© Riproduzione riservata

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