Forse a qualcuno non andava giù la prosa commemorativa incisa sulla lapide d’un cippo confinario, seminascosto a lato della strada statale 12 dell’Abetone e del Brennero, tra Ossenigo (frazione del comune di Dolcè) e Borghetto sull’Adige (frazione del comune di Avio), proprio alla demarcazione tra le province di Verona e di Trento e le regioni Veneto e Trentino-Alto Adige.






Forse era troppo retorica la scritta evocativa per l’ignoto (o gli ignoti) che hanno danneggiato il marmo, per fortuna solo parzialmente, lasciando indenne il contesto storico: “Qui il 27 maggio 1915 i fanti del 114° Regg. Fant. Brigata Mantova abbatterono i segni dell’iniquo confine dell’Impero austro-ungarico e con impavido slancio irruppero oltre per la redenzione di italico suolo”.


I frammenti degli angoli superiore ed inferiore a sinistra languiscono nell’erba, nel disinteresse di chi dovrebbe recuperarli (prima che spariscano) per l’opportuno restauro. Sempre che chi di competenza sappia del… misfatto.


E, magari, sia a conoscenza che il manufatto costituisce un reperto non solo dell’entrata effettiva in guerra del Regno d’Italia contro gli Imperi centrali e, soprattutto, contro l’Impero austro-ungarico, ma anche della frontiera, fino al 1797, tra l’Impero asburgico e la Serenissima Repubblica di Venezia.


Frontiera alquanto incerta, anche in impervie aree boschive e causa di attriti tra proprietari terrieri delle due appartenenze, fino a quando l’imperatrice consorte del Sacro Romano Impero, nonché arciduchessa sovrana d’Austria e Regina apostolica d’Ungheria eccetera, Maria Teresa d’Asburgo (Vienna, 13 maggio 1717 – Vienna, 29 novembre 1780) ed il doge della Serenissima Repubblica di Venezia, Francesco Loredan (Venezia, 9 febbraio 1685 – Venezia, 19 maggio 1762), definirono i confini tra i territori delle due potenze del tempo.
In seguito agli accordi (stipulati tramite congressi e trattati) vennero collocate lungo la separazione territoriale (dal passo di Gavia fino al mare Adriatico) delle stele contrassegnate dall’anno 1753, dal leone di San Marco della Serenissima in un lato e dall’aquila austro-ungarica nell’altro. Stele come quella, appunto, tra Ossenigo e Borghetto sull’Adige che necessita d’un urgente ripristino e, magari, d’una maggior valorizzazione, almeno visiva. Considerando soprattutto il fatto che l’oggetto del richiamo è da tanti anni trascurato (come dimostra un articolo pubblicato dal quotidiano “L’Arena” ancora il 29 maggio 1985 e qui riproposto).


Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi