È stata snobbata dai media locali (ma non da “Il Giornale dei Veronesi”) la venuta a Verona del dinamico e controverso fotoreporter di guerra o, meglio, fotogiornalista e documentarista Giorgio Bianchi (Roma, 1973, https://www.giorgiobianchiphotojournalist.com/), candidato alla Camera dei deputati per Italia Sovrana e Popolare nel Collegio plurinominale n. 01 della Circoscrizione Veneto 1 e nel Collegio uninominale n. 03 compreso nel Collegio plurinominale n. 01 della Toscana. All’appuntamento scaligero è stato accolto da altri aspiranti al Parlamento dell’ambito territoriale: Adriano Longo, Simone Dalla Vecchia, Nicola Degani e Massimo Demori.
Per professione e sensibilità, Bianchi ha raccontato tramite immagini drammi e situazioni, spesso coperti dal silenzio, in Burkina Faso, Vietnam, Myanmar, Nepal, India, Siria ed Ucraina. S’è aggiudicato premi e riconoscimenti pubblici internazionali, pubblicando sia sulla carta stampata che in rete. Querelato per diffamazione dal ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio, per certi giudizi non proprio lusinghieri espressi anche durante una sua partecipazione al programma televisivo russo “Solovyov live” (https://www.la7.it/dimartedi/video/il-giornalista-italiano-intervistato-in-un-talk-show-russo-in-italia-ce-un-governatorato-militare-05-04-2022-432921), condotto dal giornalista Vladimir Solovyov, il fotoreporter ha realizzato vari scoop, come le interviste alla donna incinta fotografata smarrita od in barella fuori dall’ospedale di Mariupol bombardato e data addirittura per morta (ribaltando smaccatamente versioni manipolate) o, quella più recente, alla portavoce del ministero degli Affari esteri della Federazione Russa, Marija Vladimirovna Zacharova.



Se l’informazione nostrana ha voltato le spalle a Bianchi in t-shirt alla Zelens’kyj (il presidente ucraino che sfoggia la maglietta militare verde oliva in ogni sua apparizione pubblica, incontri con premier internazionali compresi), la sala superiore del Liston 12, in piazza Bra, che l’ha ospitato nel tardo pomeriggio del 15 settembre scorso, era stipata di pubblico, estimatori o semplicemente curiosi di vedere ed ascoltare il qualunquisticamente bollato come novax o putiniano per le sue prese di posizioni sulla pandemia da Covid-19 e sul conflitto russo-ucraino (iniziato con l’invasione di Mosca del 24 febbraio 2022 ma che ha radici di sangue dal 2014, con la dura repressione armata del governo golpista di Kyïv dell’autodeterminazione indipendentista nel Donbass russofono, oscurata dall’attenzione internazionale).
Per il suo riferire un’altra versione dei fatti non monotematica filoucraina stando sul posto, a Doneck (e non alla comoda scrivania di qualche giornalone), la sua foto è finita nella “pagina di proscrizione” del “Corriere della Sera” assieme ad altri accusati di “far parte della rete di Putin in Italia”, cioè “pedine della propaganda e della disinformazione russa”.
Bersaglio vivisezionato da www.butac.it (Bufale un tanto al chilo), in https://www.butac.it/ucraina-bianchi/ e https://www.butac.it/tag/giorgio-bianchi/, il fotoreporter non accusa i colpi (peraltro deontologicamente discutibili) degli adepti alla “narrazione unica” e va per la sua strada. Anche girando l’Italia per la campagna elettorale, in un percorso d’ascolto partito dalla Sicilia.
Le vittime da vaccino Covid-19: “Toccare con mano abisso della malvagità!”
«Possiamo dire con assoluta certezza – ha detto Bianchi in apertura – che la pandemia è stata un evento storico sotto vari aspetti. Ci hanno detto “nulla sarà come prima” e nulla è stato più come prima. Altri eventi a cascata si sono inanellati e oggi ci ritroviamo in un momento d’apparente normalità. Ma siamo come bambini che giocano sulla spiaggia mentre è in arrivo l’onda di tsunami. Cerco sempre d’agganciare questi incontri con quello che sto vivendo, incontrando persone che con le loro storie modificano la mia percezione della realtà. Il mio mestiere si basa sui fatti, non sulle chiacchiere. Non posso affrontare una campagna elettorale se non sono consapevole di quello che è il polso del Paese, perché il compito della politica è quello di portare in alto le istanze del popolo. Il modo migliore è, quindi, l’attraversare tutta l’Italia».



«C’è un bisogno d’aiuto, di consolazione, di sentirsi ascoltati, riconosciuti. Penso che non si sia mai visto da decenni a questa parte. Siamo all’inizio d’un processo che va arrestato sul nascere. Non bisogna che questo cancro penetri ulteriormente a fondo nella nostra società perché non ce ne libereremmo più. I giovani sono quelli che stanno assorbendo maggiormente queste tossine che si stanno sedimentando nella loro anima. Vedo i loro occhi, ho visto gli stessi occhi in guerra, la sindrome da stress post traumatico, che poi può esplodere in qualsiasi momento, con rabbia, violenza. Vivono la loro realtà parallela e poi, un domani, tutto potrebbe deflagrare».
«Oggi ho incontrato, qui a Verona, Federica Angelini, fondatrice e presidente del Comitato “Ascoltami” delle vittime da vaccino. Invisibili, sono altri soggetti, persone, cittadini, esseri umani che non esistono. Viene dato loro solo qualche minimo spazio pubblico. Vi garantisco che ascoltare Federica per una quarantina di minuti è una discesa negli inferi, un girone dantesco fino a toccare con mano l’abisso della malvagità. Siamo ormai quasi di fronte ad una battaglia finale tra il bene ed il male, perché abbiamo visto di cosa sono capaci, l’abbiamo vissuto sulla nostra pelle (noi novax, n.d.a.), lo vediamo tutti i giorni. Gli altri sono come ipnotizzati. Nel comitato ci sono duemila persone danneggiate dal vaccino, duemila che non fanno statistica perché non compaiono nei report ufficiali. Parliamo solo di quelli che si sono associati, poi ci sono tanti altri che sono entrati in contatto e che non hanno il coraggio d’associarsi, quasi per non voler ammettere il loro errore fatto a se stessi vaccinandosi».
Fronte Russia-Ucraina: “Ci vogliono portare al disastro della guerra!”
«Nell’Ucraina del regime di Kyïv – s’è poi sfogato il fotogiornalista romano – c’è fanatismo, dogma, furore ideologico. Perché il nazismo non è purezza della razza, è purezza delle idee, è l’espulsione, l’eliminazione dal dibattito pubblico dell’opinione diversa che non è più giusta o sbagliata, è eretica, è immorale. Quando andavo in televisione (oggi non ci vado più) mi sentivo processato per le mie idee, ero una persona che si doveva vergognare per le proprie convinzioni, ero immorale. E quando entri in un’atmosfera da Stato etico in cui c’è una verità di Stato, una verità rivelata, si deve capire d’aver preso una deriva dalla quale sarà difficile venirne fuori. Loro sono riusciti ad attecchire con quest’ideologia su un substrato dalla preparazione avvenuta negli anni precedenti. Questo non è qualcosa che esce all’improvviso dal terreno come un geyser, quest’odio e questa discriminazione sono penetrati negli anni all’interno della nostra società come un fungo».



«Se noi non vigiliamo, se noi non faremo una ferma opposizione (che doveva muoversi già da ieri) – ha ammonito Giorgio Bianchi – ci porteranno al disastro della guerra perché è lì che ci vogliono portare. L’operazione di controffensiva che stanno facendo gli ucraini in questi giorni è qualcosa che non ha nessun vantaggio strategico, perché nessuno sano di mente può pensare che gli ucraini riconquisteranno il terreno perduto. Lo possono fare per una, due settimane, un mese perché i russi, chiaramente, non vogliono mandare al macello i loro ragazzi. Hanno un momento di difficoltà, hanno commesso errori dovuti all’intelligence militare. Non è che si mettono a difendere ad oltranza, si ritirano, gli altri avanzano, si sbilanciano, i russi s’allargano, li accerchiano e li massacrano».
«Il tifo da stadio vergognoso, ignobile che vediamo in questi giorni sui giornali (come se la guerra fosse una partita tra la Roma e la Lazio) non considera che lì ci sono decine di migliaia di ragazzi che muoiono, rimangono mutilati, famiglie che perdono i loro cari. E noi abbiamo questi giornalisti, queste iene. Quando sono andato da Lucia Annunziata non mi sono trovato davanti dei giornalisti ma un partito politico. Li vedevo nervosi, che scartabellavano i loro appunti sui tablet. Noi eravamo seduti, rilassati, tranquilli. Sembravano ad essere loro sotto esame e non noi. Poi quando si constata l’atteggiamento assunto riguardo a questa presunta controffensiva, capisci che in ballo c’è qualcosa di peggio, di ben più grande, che non è solo una questione tra la Federazione Russa e l’Ucraina».
Servizio, video e foto di Claudio Beccalossi