Sul banco dei testimoni i funzionari della sanità territoriale che avviarono gli screening sui cittadini delle zone rosse.
Dal 2013 a oggi le tre Ulss (Padova, Vicenza e Verona) della zona rossa, arancio e gialla hanno eseguito analisi sulle persone residenti nelle zone contaminate. Davanti alla Corte di Assise oggi si è parlato di come sono state individuate e sottoposte a screening le persone esposte alla contaminazione.
Gli imputati sono 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
I testimoni che hanno parlato in aula, e che compaiono nella lista dell’accusa, sono Rinaldo Zolin, responsabile del Centro Unico Screening dell’Usl 8 Berica, e la dottoressa Linda Chioffi, direttrice del dipartimento di prevenzione dell’Ulss di Verona. Quest’ultima ha riferito di come si è passati dalle segnalazioni allarmanti del CNR nel 2013 alla selezione delle persone da sottoporre allo screening, raccontando delle numerose riunioni fatte con i gestori idrici per individuare, con il loro supporto, i territori dei comuni coinvolti dalla contaminazione.
“È stato confermato anche oggi in aula, dagli stessi funzionari delle autorità sanitarie, che gli acquedotti hanno fornito loro tempestivamente tutti gli elementi utili per individuare i cittadini potenzialmente esposti ai Pfas – spiega l’avvocato Giulia Bertaiola (Acque del Chiampo, Acque Veronesi, Viacqua e Acquevenete) – la collaborazione con le Ulss è stata continua e costante: i gestori avevano ben compreso la potenziale portata dell’inquinamento e, pur non avendo competenze sanitarie, hanno offerto la più ampia disponibilità, condividendo tutte le informazioni in loro possesso per permettere gli screening sulla popolazione interessata”. Si torna in aula il 24 marzo.
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