In copertina: Guido Papalia (sinistra) e Pierpaolo Romani (destra)
Interventi alla Società Letteraria di Pierpaolo Romani (coordinatore nazionale di Avviso Pubblico) e di Guido Papalia (ex procuratore capo di Verona)
Nell’ambito della Formazione dell’Ordine dei giornalisti, s’è tenuto nella Sala “Carlo Montanari” della Società Letteraria, in piazzetta Scalette Rubiani 1, un incontro di stretta attualità dall’eloquente titolo “Amministratori e giornalisti sotto tiro”. “Sotto tiro”, cioè non solo nel mirino ma vittime, prede, oggetto di atti intimidatori, minacce, violenze, pressioni legali borderline da parte di terzi che vogliono sovvertire l’esercizio della democrazia, la deontologia professionale, il diritto di cronaca (o diritto d’informare) incluso, quest’ultimo, nell’ordinamento italiano tra le libertà di manifestazione del pensiero.
In apertura è intervenuto Pierpaolo Romani, giornalista e coordinatore nazionale (Organizzazione, Sviluppo, Progettazione, Comunicazione, Promozione, Gestione delle pubbliche relazioni dell’associazione) di Avviso Pubblico (Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie, www.avvisopubblico.it – e-mail: organizzazione@avvisopubblico.it), con sede in piazza Matteotti 50, Grugliasco (Torino). L’organismo, presieduto da Roberto Montà, è composto da “una rete di enti locali che concretamente s’impegnano per promuovere la cultura della legalità e della cittadinanza responsabile”. Romani ha sintetizzato quanto già pubblicato su avvisopubblico.it, cioè un rapporto redatto dal 2010 “in cui vengono elencate le minacce e le intimidazioni mafiose e criminali nei confronti degli amministratori locali e di persone che operano all’interno della Pubblica Amministrazione in Italia”. Dati ed analisi a tutto tondo, con regioni e province più soggette al fenomeno e con azioni lesive suddivise per tipologia. Uno studio certosino integrato da grafici e commenti di esperti.
Il dossier relativo al 2020 fa emergere un calo di intimidazioni, minacce e violenze ad amministratori pubblici ma, nel contempo, un preoccupante record di province coinvolte: 465 atti (cioè, il 17% in meno rispetto al 2019, allora 559), con una media di 9 fatti alla settimana, uno ogni 19 ore. Le province ed i comuni “teatro” sono stati, rispettivamente, 89 (tetto mai toccato prima) e 280 (il 3,5% dei comuni italiani). Ai vertici della suddivisione geografica risultano il Sud e le Isole (57,5%, con 267 eventi di cui 85 in Campania, regione leader in negativo) mentre il 14,6% (68 casi) riguarda il Nord-Est (30 in Veneto).
Il sunto della raccolta di informazioni “a tema” in Italia da parte di Avviso Pubblico tra il 2011 ed il 2020 certifica 4.309 episodi neri (in media 36 al mese, a 20 ore di distanza l’uno dall’altro). Il Sud e le Isole raggiungono il 71,3% (3.071 vicende di cui il top di 726 in Sicilia). Nel lasso di anni citato, il Nord-Est s’attesta al 7,4% (320 circostanze), 130 in Veneto. Nella mappa delle province immischiate nel malcostume, quella veronese è stata classificata tra quelle con meno di 10 tacche.
Pierpaolo Romani s’è soffermato su alcuni punti attinenti alla mission di Avviso Pubblico. «Se non ci (pre)occupiamo della politica, essa, comunque, s’occuperà di noi. Il primo partito in Italia è quello dell’astensionismo. Le persone non vanno più a votare perché i cittadini non credono più nella politica come strumento».
Il coordinatore nazionale di Avviso Pubblico ha menzionato una frase di Piero Calamandrei (deputato, avvocato, docente universitario, scrittore, tra i fondatori del Partito d’Azione, Firenze, 21 aprile 1889 – Firenze, 27 settembre 1956): «“La sfiducia nella libertà, il desiderio di appartarsi, di lasciare la politica ai politicanti. Questo è il pericoloso stato d’animo che ognuno di noi deve sorvegliare e combattere”. Quindi, noi siamo fermamente convinti che la conoscenza corretta (ed ecco perché ci teniamo a fornire dati ed informazioni) è il primo modo per costruire una coscienza consapevole di quello che succede nel territorio».
«L’importanza della buona politica. Non esiste la politica e l’antipolitica ma la buona e la cattiva politica. Le mafie, la corruzione, l’evasione fiscale, il malaffare s’alimentano della cattiva politica, sconfinano dalla buona politica. Bisogna partire dal candidare e dal votare persone oneste e perbene. L’onestà è il prerequisito, ci mancherebbe altro, ma è importante che non abbiano pendenze giudiziarie, che siano al di sopra d’ogni sospetto, dotate di riconosciute competenze. Queste ultime sono importanti quando s’amministra un ente locale, una provincia, una regione, quando si va in Parlamento. Essere brave persone va bene, ma si deve anche essere preparati sulle materie di cui ci s’occupa. Bisogna conoscere attentamente come funzionano i meccanismi, quali sono le regole vigenti. Non può esistere la mafia senza rapporti con la politica ma deve esistere una politica senza rapporti con i mafiosi. Questo è un altro elemento per noi importante».
«Verona? È soggetta ad infiltrazioni della ‘ndrangheta. Le sale gioco, il gioco d’azzardo? Dietro ci sono associazioni di stampo mafioso. Occorre prestare molta attenzione alle campagne elettorali. Ci sono persone che si rivolgono ai mafiosi per varie questioni (ad esempio, il recupero crediti ed i prestiti)».
Sul tema parallelo, giornalisti insidiati, è intervenuto Guido Papalia (Catania, 23 marzo 1938), in magistratura per quasi 48 anni, a Verona dal 1980 come sostituto procuratore, poi procuratore capo dal 1993, ex procuratore generale presso la Corte d’appello di Brescia fino al 23 marzo 2013, suo 75° compleanno e data del pensionamento per raggiunti limiti d’età.
«Il tipo di minaccia che riguarda i giornalisti sono di carattere legale, non solo di ritorsione. Minacce di tipo legale, denunce, querele (temerarie) per risarcimenti danni che non influiscono in maniera evidente ma lentamente, cercando di stancare fino al punto che il coinvolto finisce col chiedersi “Mi conviene ancora continuare?”»
«L’informare secondo verità, fondamento del diritto di cronaca – ha sottolineato Papalia – non può essere limitato da questi strumenti. In altri Paesi a chi fa causa ad un giornalista viene imposto l’obbligo d’una cauzione da versare al querelato qualora venga appurata la sua estraneità all’accusa. Occorre portare avanti servizi d’assistenza legale per giornalisti, con supporti economici validi. Una protezione più efficace. Serve una repressione dei comportamenti tenuti dagli autori delle minacce».
«La stragrande maggioranza delle sfide nei confronti di giornalisti finisce nel nulla od archiviato o con la remissione di querela, sempre un danno per il giornalista che deve comunque pagare qualcosa. Costituisce un pericolo per la tenuta della democrazia questa minaccia ai giornalisti d’impedire la conoscenza della gravità di certi fenomeni all’opinione pubblica. Si tratta del contrastare la possibilità che i cittadini s’attivino e si propongano in prima persona. In Italia l’obbligo della cauzione per arginare il fenomeno (come in altre nazioni) non è nemmeno preso in considerazione come iter legislativo».
«Pericolo di ricostituzione del partito fascista? Nonostante si pensi che non esista, invece il rischio c’è. Ci sono manifestazioni pubbliche e non pubbliche, atteggiamenti aggressivi tenuti da gruppi orientati alla ricostituzione d’un partito che si rifà a quei principi. C’è chi cerca d’inserirsi con lo scopo della ricostituzione del partito fascista, come nel caso dell’attacco alla sede della Cgil a Roma. È un movimento destinato a durare nel tempo se non s’interverrà».
«Ho qui i dati d’un rapporto che riguarda non solo gli amministratori ma anche i giornalisti. – ha detto ancora l’ex procuratore capo di Verona – Un rapporto che parla di atti intimidatori nei confronti di operatori dei media e d’un aumento esponenziale di questi atti di minacce di vario tipo nei confronti dei professionisti dell’informazione. È preoccupante perché dimostra che cercare d’informare l’opinione pubblica su questioni che possono ledere gli interessi della criminalità organizzata (la mafia od altro) ed anche dei colossi economici della criminalità finanziaria, economica, costituisce un rischio per un giornalista».
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi