La triste battuta di Alan Friedman, giornalista televisivo, fatta durante la trasmissione Rai1 Uno Mattina il 20 gennaio 2021 ha fatto il giro del mondo
Abbiamo letto tutti del continuo susseguirsi di testate giornalistiche che, da una parte, hanno
accusato di sessismo il giornalista, dall’altra l’hanno difeso, riportando le scuse dello stesso, il quale
avrebbe usato questa espressione infelice come lapsus, come battuta non voluta, una brutta gaffe,
senza alcuna intenzione di definire l’ex first lady con il reale significato del termine utilizzato, bensì,
molto più elegantemente, come “accompagnatrice”.
E a ben vedere, anche volendo prendere in considerazione l’opzione meno discriminatoria usata per
scusarsi – la definizione di accompagnatrice – a mio parere il risultato non cambia, anzi conferma.
Conferma il fatto che Alan Friedman e chi, come lui, “dice, ma non intende” – finendo solo per
sfumare i contorni di un termine che in realtà ha detto e inteso – non ha riconosciuto in Melania i
ruoli da lei effettivamente ricoperti, rilegandola, invece, nel cantuccio storicamente affidato alla
donna, colei che è “l’angelo del focolare”, ma non può ricoprire alcuna carica socialmente rilevante,
finendo per essere solamente quella figura che “accompagna” l’uomo di potere.
Sessista, dunque? Sì. Discriminatorio? Ancora sì. Ma non solo.
E non intendo prendere in considerazione l’aspetto più rude del termine “escort”, ma voglio
concentrarmi solamente sulla sfumatura più “elegante” di accompagnatrice, lasciando alla coscienza
di ognuno di voi che legge il commento sulla bassezza (etica e umana) di tale definizione.
I ruoli devono essere rispettati, indipendentemente dal sesso, così come è rispettato il ruolo –
nell’altro senso – del marito di Angela Merkel o della Regina Elisabetta o di una qualsiasi di quelle
donne (ancora troppo rare) che ricoprono posizioni apicali. Come tutti i ruoli socialmente
riconosciuti, anche quello della first lady ha una forte pregnanza simbolica, rappresentando
tradizione e valori che per un popolo “senza storia” come quello americano ha un significato non
indifferente.
Avere rispetto per il ruolo pubblico ricoperto è avere rispetto verso tutti i cittadini che vivono
attivamente la politica del proprio Paese, di quella tradizione che investe ogni first lady di compiti e
comportamenti nei quali ogni americano riconosce la propria storia.
Alan Friedman con la sua gaffe non solo non ne ha riconosciuto importanza e ruoli, ma ha usato
Melania, quale interposta persona, per colpire Trump: ha volutamente colpito lei che, essendo
donna, è più facilmente oggetto di simili apprezzamenti, è più facilmente denigrabile, quasi a voler
disprezzare, non calcolandolo nelle proprie parole, il ruolo di moglie e di first lady uscente.
Friedman si è volutamente staccato dalla realtà: non ha definito escort una escort, ma ha definito
escort innanzitutto una moglie e una madre e, per quanto si possa disprezzarne il marito, ne ha
pagato lei il prezzo più alto.
A quanto pare nel marasma di un Presidente degli Stati Uniti che perde le elezioni e se ne va dalla
Casa Bianca la vera colpa è esserne la moglie, quasi come vi fosse una correlazione tra i
comportamenti pericolosi di lui e il fatto che è “accompagnato” da lei.
In realtà a Melania è doveroso riconoscere il merito di aver svolto il proprio ruolo pubblico con
un’elegante intelligenza, sempre misurata, decidendo sempre di sottrarsi a ogni tipo di intervista e
posizione politica, restando, al contrario, presente in rappresentanza della presidenza del marito,
anche nei momenti e nelle decisioni più discutibili; non ha mai dato scandalo, non si è mai posta in
contrasto con i media né con le dichiarazioni dell’ex presidente, ha sempre disinnescato ogni
polemica a lei rivolta.
Ha risposto in silenzio ai pregiudizi di chi la definiva solo una semplice indossatrice – mai fuori luogo
nell’esporsi – e, ancora, a chi, recentemente, la accusa di aver lasciato solo il figlio Barron, deriso per
i propri disturbi adolescenziali.
Ha dimostrato la sua intelligenza non straparlando, ma facendo contare i propri comportamenti,
come il ruolo esige.
E forse Melania, ingiustamente offesa e calpestata nella sua posizione, avrebbe taciuto anche questa
volta, dimostrando con i fatti che le donne, tutte, non sono definibili in quanto “accompagnatrici” di
un uomo, dal valore e dalla personalità quasi intoccabile, forse non ne avrebbe fatto polemica.
Ma è anche vero che le parole hanno un peso e spesso più importante e tagliente di qualsiasi
comportamento. Per quanto schietto può risultare ormai il linguaggio comunicativo, è necessario per
tutti rendersi conto che nessuna parola, nessuna definizione personale dovrebbe mai superare i
limiti del rispetto della persona, specie quando hanno a che fare con l’identità di genere, specie
quando si usano quei termini che affondano le radici in pregiudizi profondi, obsoleti, ormai
completamente estranei alla nostra cultura.
E questa riflessione andava fatta.
Chiara Aldegheri
Dottoressa in Giurisprudenza