E così anche a Verona, lo scorso sabato 16 giugno, è tornato a sfilare il festoso Pride del variegato universo LGBTQIA+, partito da piazza Bra e terminato davanti alla stazione di Porta Vescovo. Una parata multicolore e goliardica d’orgoglio sbandierato, con qualche punta trasgressiva, provocatrice e polemica perdonabile a… denti molto stretti…
Le circa duemila persone non solo veronesi, a stragrande maggioranza giovani dei vari sessi (compresi quelli non contemplati dalla biologia ortodossa) hanno potuto vivere il proprio essere in piena libertà, senza ostracismi od impedimenti se non quelli meramente critici della lunga vigilia (prontamente zittiti e considerati “fascisti” “retrogradi”, “populisti”, da “appendere a testa in giù” ecc.) di chi dissente in toto o parzialmente per quanto riguarda le modalità o preferirebbe ben altre esternazioni di propri diritti che non cozzino con quelli altrui.
Contrari alla manifestazione si sono dichiarati i militanti di Forza Nuova (che hanno esposto uno striscione nel sottopassaggio di Porta Vescovo con la scritta “Resistere per la famiglia, contro il globalismo e i suoi servi” e diffuso un loro comunicato) e così pure il Blocco Studentesco, convinto del rischio di disgregazione della persona a causa della “teoria gender”.
Dopo la “benedizione” impartita prima della partenza dal neo sindaco, Damiano Tommasi, (convinto che «chiunque debba sentirsi a casa sua a Verona» e che sia venuto il momento di «cancellare tutte le “mozioni omofobe” approvate dal consiglio comunale nel 1995») ed il commento lapidario di Alessandro Zan, deputato del Pd promotore della proposta di legge nota, appunto, come Ddl Zan,(contento della «nuova aria che si respira nella Verona finalmente libera» – libera, ovviamente, dal centrodestra, n.d.r.), s’è avviato il lungo corteo dietro allo slogan del Verona Pride 2022, “Io sono casa, noi siamo piazza”.
Promosso da comunità locali LGBTQIA+ (Circolo Pink, Sat Pink APS, Pianeta Milk, Non una di meno, Yanez, Udu, Eimì, Rete degli Studenti Medi), l’evento ha visto la partecipazione anche di organismi come l’Ordine degli Assistenti Sociali del Veneto e l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione.
Dura l’attribuzione di se stessa sullo striscione portato in marcia dalla Rete degli Studenti Medi di Verona: “Generazione feroce”, seguita dalla “firma” che utilizza il simbolo fonetico finale dello “schwa” (“ə”, desinenza finale neutra adottata dall’“evoluzione progressista” che abolisce la declinazione plurale maschile universale per una maggiore inclusività della lingua).
L’autodefinizione «Siamo la Generazione feroce che non farà nessun passo indietro sui diritti!» richiama, curiosamente, ad una ben più severa disposizione emanata da Iosif Stalin il 28 luglio 1942. Si trattava dell’ordine n. 227 che decretava l’inserimento di qualsiasi membro dell’Armata Rossa ritiratosi o che avesse abbandonato le proprie postazioni, senza aver ricevuto ordini in proposito, in un “battaglione di disciplina”. Il provvedimento è noto anche come comando “Non un passo indietro!” (in russo, “Ни шагу назад!”, “ni shàgu nazàd!”).
Infatti, nel corso della Grande Guerra Patriottica contro la Germania nazista ed i suoi alleati invasori, i sovietici ebbero un gran numero di vittime addebitabili anche alle ritirate non ufficiali ed alle diserzioni di massa. Tra il 1942 ed il 1945 furono inseriti 428.180 soldati, una percentuale minima rispetto agli oltre 34 milioni e mezzo di militari (uomini e donne) che combatterono per l’Unione Sovietica nella Seconda guerra mondiale.
Il parallelo dell’ordine n. 227 di Stalin con la (cosiddetta) Generazione feroce da Verona Pride è certo esagerato. Però, non vanno sottovalutati i toni ed i termini (“feroce”, “nessun passo indietro”) che alludono ad un dialogo mai con chi la pensi diversamente. Non è un buon segnale di democrazia…
In ogni caso, la “processione in technicolor” (accompagnata anche dalle canzoni della rimpianta Raffaella Carrà, icona LGBTQIA+) ha percorso sudaticcia il centro città, coinvolgendo residenti ai lati delle strade od ai balconi ed alle finestre.
Con qualche strafottente (e del tutto fuori luogo) abuso volgare della decenza (che lo si ammetta, dai…) oltre all’esposizione dell’ormai prezzemolo e propagandista bandiera ucraina (consultare Diritti LGBT in Ucraina; Ucraina boom di firme per il matrimonio egualitario) prima di Porta Vescovo.
Fino allo sfogo finale a ridosso della stazione, con estenuanti balli etnici al ritmo di tamburi e l’arrivederci ai più prossimi Pride (per la cronaca, a Messina, Alessandria, Salerno, Taranto, il 23 luglio 2022)…
Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi