Pare che a Verona sia indigesto far collocare “pietre d’inciampo”, in tedesco Stolpersteine, nel selciato (marciapiede o strada), possibilmente negli immediati paraggi delle abitazioni o nei luoghi stessi dove ebrei, partigiani, oppositori vennero arrestati, prelevati, tenuti prigionieri dai nazifascisti e poi deportati in Lager hitleriani dove trovarono la morte.
La “pietra d’inciampo” consiste in una targa d’ottone apposta sulla facciata superiore d’un blocchetto in pietra dalle dimensioni d’un sampietrino (cm 10 x cm 10 x cm 10), semplice ma efficace nel suo incidere il ricordo d’una tragedia umana individuale, inanellata ad un immane destino comune con altre che e assunse contorni di sterminio, di genocidio.
L’iniziativa di promozione urbana si deve all’originale e sensibile artista tedesco Gunter Demnig (Berlino, 27 ottobre 1947) che, durante la sua permanenza nel 1992 a Colonia per realizzarvi un “promemoria” sulla deportazione di rom e sinti, dovette sorbirsi le esternazioni di un’anziana con-vinta dell’impossibile presenza in città, all’epoca, delle due etnie. Quale reazione spontanea a quel rozzo negazionismo, Demnig ideò il particolare “cubo post-it”, dando, nel contempo, una svolta alla sua carriera dedicandosi anema e core a ridar vita, seppur in poche parole su una lamina d’ottone, a quanti vennero travolti dalla lucida follia delle persecuzioni razziali naziste. Vittime due volte, della ferocia dell’uomo e dell’indegna dimenticanza…
Primo piano di Gunter Demnig
La lamina d’ottone riporta il nominativo della persona finita nelle grinfie del Terzo Reich, le date di nascita, d’arresto e deportazione e, se noti, il luogo di prigionia ed il giorno dell’assassinio, spesso molto approssimativo. La riaffermazione dell’identità individuale a dispetto di chi, cri-minale, voleva che il fatto prigioniero fosse numero da far sparire annientandolo e cancellandolo, è un altro degli obiettivi palesi, tutti ispirati all’espressione “pietra d’inciampo” contenuta nell’Epistola ai Romani di Paolo di Tarso: “Ecco, io metto in Sion un sasso d’inciampo e una pietra di scandalo; ma chi crede in lui non sarà deluso”.
Il termine “inciampo”, quindi, non va inteso come “ostacolo”, “intoppo”, “incidente” ma quale secca (od inattesa) causa, visiva e riflessiva, che costringe a fermarsi, a leggere, a constatare, a conoscere, a pensarci sopra anche solo per qualche attimo di bradicardia dal ritmo tachicardico quotidiano. La funzionalità dei manufatti sta proprio nell’attirare e nel non inciamparvi (del resto impossibile, dato che sono scrupolosamente inserite nel piano stradale o di passaggio pedonale). O nell’inciampo-inciampare (interpretato come incappare, imbattersi, magari inavvertitamente) in un’informazione-omaggio a terra, messaggi tipo quelli terrestri lasciati sulla Luna (veri, presunti o falsi che possano essere, complottisti a parte) da astronauti delle varie missioni o da naufraghi dentro bottiglie in mare.
La prima “pietra d’inciampo” venne incorporata proprio a Colonia nel 1992, in reminiscenza del migliaio di sinti e rom deportati dai nazisti nel maggio 1940 ed in schiaffo morale al revisionismo monocorde, più strumentalmente antitetico che altro.
Da allora e con aggiornamento all’inizio del 2019, circa 71mila “sampietrini della memoria” sono stati installati in 26 Paesi europei (Germania, Austria, Paesi Bassi, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Belgio, Ucraina, Italia, Norvegia, Slovacchia, Slovenia, Francia, Croazia, Lussemburgo, Russia, Svizzera, Romania, Grecia, Spagna, Lituania, Lettonia, Finlandia, Moldavia, Svezia e Danimarca). Hanno “declinato l’invito” (per ora), invece, Estonia, Bielorussia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord.
Sul sito www.stolpersteine.eu (in tedesco ed in inglese) il collegamento ipertestuale Chronik/Timetable aggiorna di continuo su date e località di prossimi impianti.
Per informazioni generali riguardanti il “soggetto Stolpersteine”, è possibile contattare Katja e Gunter Demnig, An der Leit 15, D-36304 Alsfeld-Elbenrod, cellulare: +49 177 2061858, e-mail: inschriften(at)stolpersteine.eu.
In Italia le prime particolari “pietre” sono state piazzate a Roma nel gennaio 2010, diffondendosi in seguito nelle regioni su cui ha più infierito, dopo il fatidico 8 settembre 1943, la prevaricazione nazifascista prima dell’annientamento nei campi di sterminio. In Veneto (stando a dati aggiornati al 25 giugno 2021) sono state ubicate 163 Stolpersteine (2 a Bovolenta, Padova; 32 a Padova; 6 a Costa di Rovigo; 2 a Vicenza; 5 a Chioggia, Venezia; 2 a Mirano, Venezia; 105 a Venezia; 8 ad Isola della Scala, Verona; 1 a Trevenzuolo, Verona).
Allo stato attuale, quindi, nel Veronese risultano 9 Stolpersteine installate mentre il capoluogo di provincia è ancora senza questi “mini-monumenti” nonostante i casi storicamente accertati. Nel Cimitero ebraico di via Antonio Badile 89, ad esempio, sorge un monumento “in memoria degli ebrei deportati da Verona e vittime della barbarie nazifascista”. Elenca 63 nominativi di appartenenti alla Comunità ebraica locale e di forestieri rastrellati in città e provincia e poi avviati verso i campi di sterminio nazisti, famigerato KL (Konzentrationslager) Auschwitz compreso.
Ad Isola della Scala (in piazza Martiri della Libertà) ed a Trevenzuolo (in via Roma, di fronte al municipio) le “pietre d’inciampo”, posate ufficialmente il 31 maggio 2021, ricordano nel primo comune Adolfo Cestaro, Flavio Corrà, Gedeone Corrà, Giacomo Ferri, Luigi Gruppo, Adelino Minali, Luigi Soffiati, Gracco Spaziani e, nel secondo, Ugo Sesini.
Il constatato disinteresse di Verona per le “pietre d’inciampo”, purtroppo, fa pensare ad un passo del Tal-mud (in ebraico talmūd, cioè “insegnamento, studio, discussione”), uno dei testi sacri dell’Ebraismo: “Una persona viene dimenticata solo quando viene dimenticato il suo nome”. Ma è ancora possibile rimediare a quest’“assenza” ufficiale alquanto discutibile. Gunter Demnig è sempre in paziente disponibilità…
Claudio Beccalossi