Il lungo tratto interno del Parco storico monumentale della cinta magistrale tra le due porte (Palio e San Zeno), che s’allunga tra i bastioni di San Bernardino e di San Zeno (o di Santo Zenone), stretto tra viale Galliano e circonvallazione Maroncelli, gode generalmente di salute ecologica e d’interesse per i suoi trascorsi architettonici.
Scartando certe marginali “cattive compagnie” che bighellonano od occupano (anche nell’estivo nottetempo) panchine e spiazzi erbosi, in generale l’area non presenta gravi sussulti di degrado. Il contesto è caratterizzato da bastioni formati da terrapieno e circondato da muro di rivestimento distaccato “alla Carnot”.
La genesi di questa parte muraria difensiva risale agli anni tra il 1321 ed il 1325, quando venne eretta la cinta turrita scaligera originaria, con Cangrande I della Scala come committente ed il maestro Calzaro quale progettista. Tra il 1538 ed il 1540, su spinta della Repubblica Veneta e realizzazione di Michele Sanmicheli, si procedette alla costruzione del bastione appunto sanmicheliano, con il rifacimento della cortina tra la Porta ed il Bastione di San Zeno. Negli anni 1801 e 1802, poi, fu eseguita da parte dei napoleonici la demolizione del precedente bastione mentre, tra il 1836 ed il 1838, trovò edificazione quest’ultimo baluardo del sistema difensivo asburgico per decisione del feldmaresciallo Josef Radetzky e disegno di Franz von Scholl (Aquisgrana, 8 gennaio 1772 – Verona, 3 settembre 1838), ufficiale ed ingegnere addetto alle fortificazioni.
Si devono a Von Scholl i sei bastioni di destra Adige, ideati in modo da mantenere lo stesso tipo inusitato di fortificazione. Infatti, si presentano simili per forma, pianta, profili ed ordinamento funzionale. Hanno pienamente assolto quanto dovevano: economia costruttiva, moderni concetti di difesa attiva e ritorni offensivi.
La cinta magistrale voluta dagli austriaci disponeva di 340 pezzi d’artiglieria e dopo il 16 ottobre 1866 (data in cui le truppe italiane entrarono a Verona annessa, con il Veneto, al Regno d’Italia) anche i nuovi dominanti confermarono per alcuni decenni l’armamento delle mura, riducendo la dotazione d’artiglieria a 111 pezzi.
In seguito, poco alla volta, i bastioni furono disarmati e le artiglierie finirono in fonderia per riutilizzarne il metallo. Si preservarono quattro di queste bocche da fuoco, collocate dapprima come paracarri agli angoli del monumento dedicato al generale e politico Giuseppe Salvatore Pianell (Palermo, 9 novembre 1818 – Verona, 5 aprile 1892), quasi all’angolo tra viale Piave e via Faccio, per essere infine destinate al ramparo (terrapieno sistemato a protezione delle mura d’una fortificazione per proteggerla dal tiro delle artiglierie) del Bastione di San Bernardino. Sono cannoni da 12 GR, cioè artiglierie di ghisa dai 12 centimetri di calibro, ad avancarica e con anima rigata esagonale. In soldoni, rappresentano rari esempi di artiglierie ottocentesche dal considerevole valore storico.
Dall’apertura della breccia di Porta Nuova nel 1912 alle opere dei mondiali di calcio del 1990 questa porzione di cinta magistrale fu oggetto di vari interventi di modifica e patì pure gli effetti di bombardamenti aerei durante la Seconda guerra mondiale (soprattutto la parziale demolizione dell’orecchione sinistro del Bastione di San Bernardino).
Altri danni all’insieme originale furono causati dagli interramenti del fossato magistrale, in modo particolare la superficie davanti alla cortina tra Porta Palio ed il Bastione di San Bernardino. I guasti più evidenti nel Bastione di San Zeno, invece, riguardano la demolizione del tamburo difensivo annesso al fianco destro e di parte della poterna (elemento architettonico utilizzato nelle fortificazioni a carattere difensivo) sinistra, oltre all’interramento del fossato magistrale. In ogni caso, il percorso che include i due bastioni e le cortine annesse mostrano il miglior stato di conservazione e di cura della cinta a destra dell’Adige e, ciò, malgrado estese tracce di degrado nell’insieme murario.
Una particolare caratteristica della lunga struttura è la “piattaforma del cavaliere” (atta ad accogliere ed utilizzare artiglierie in posizione rialzata per il tiro in profondità), nello specifico denominata “cavaliere di San Giuseppe”, ovverossia un elemento della cinta cinquecentesca che, proteggendo da scariche e tiri d’infilata, domina e spezza la cortina tra i bastioni di San Bernardino e di San Zeno.
A spezzare l’idillio con storia ed ambiente, purtroppo, oggi si constatano, dispersi qua e là, bivacchi improvvisati di sbandati e siringhe abbandonate da tossicodipendenti, Per non parlare, poi, di alcune mura imbrattate da graffitari senza arte né parte…
Come reagire? Non certo sorvolando con indifferenza… Semmai controllando e bonificando. Almeno di tanto in tanto…
Claudio Beccalossi