Un “giro” che umilia e degrada il contesto scaligero-veneto-austriaco che solo nel 2010, dopo decenni d’abbandono, ha trovato una doverosa riqualificazione
Il vallo che costeggia via Francesco Torbido, nella parte esterna del Bastione Campo Marzio (spesso citato anche come Campo Marzo) a sinistra della Porta di Campofiore (con la via alle spalle), “intorbidito” da consumatori di droga.
È l’ennesima, deprimente constatazione dopo una breve “escursione” in miserabili incavi semi occultati dalla vegetazione e, comunque, nascosti alla vista di (molto improbabili) testimoni o curiosi occasionali, magari frequentatori (scarsi) della vicina pista ciclopedonale in vena di “esplorazioni” alternative.
Siringhe abbandonate, “pentolini” ricavati da fondi di lattine per la preparazione di dosi, accendini consumati per riscaldarli e poi gettati a terra, tracce eloquenti (da bonificare) di presenze non certo sporadiche. Disperati elementi nelle grinfie della tossicodipendenza sotto postazioni d’artiglieria della storica casamatta.
Peccato per queste avvilenti intrusioni che persistono in un contenitore storico scaligero-veneto-austriaco disboscato e ripulito, dopo decenni d’incuria selvaggia, perché potesse essere consegnato su un piatto d’argento all’uso e consumo da parte dei cittadini. Al termine d’un anno di lavori (che hanno tolto di mezzo 600 m³ di materiale anche proveniente dalle demolizioni delle costruzioni bombardate durante la Seconda guerra mondiale), infatti, il 1° giugno 2010 era stato inaugurato il “nuovo” Bastione Campo Marzio restituito alla vista (la casamatta del fossato, l’orecchione, la porta di sortita con l’alloggiamento del ponte levatoio ed il fosso diamante).
In seguito alla sistemazione della scarpata esterna al vallo, cercando di rendere pendenze e livelli attinenti allo schema originario, s’è potuto realizzare il citato percorso ciclopedonale, in terra battuta e ghiaia, che da Porta di Campofiore, attraverso il fondo del fossato, s’unisce alla ciclabile che lambisce via Torbido.
Bastione Campo Marzio, cenni storici
Il Bastione Campo Marzio, costituito da muratura e terra, è sorto sulla preesistente cinta turrita scaligera (innalzata tra il 1287 ed il 1289) quale ultima opera della Serenissima, nel 1565, su progetto di Francesco Malacreda. Poggiava su una pianta asimmetrica, a tracciato pentagonale, con orecchione (sporgenza arrotondata del fianco del bastione destinata a riparare i difensori dai tiri dell’artiglieria nemica) solo sul fianco sinistro. Secondo l’egida di difesa rinascimentale, costituiva “un arrotondamento della spalla del bastione a difesa delle cannoniere sul fianco”.
Alla costruzione del bastione e della cortina annessa da parte della Repubblica Veneta (verso l’altro Bastione delle Maddalene) seguirono i lavori di restauro e d’integrazione, tra il 1839 ed il 1840, da parte dei nuovi “padroni” dell’Impero austro-ungarico che ne fecero l’ultimo baluardo del loro sistema difensivo. Infatti, questi ultimi edificarono un nuovo orecchione (con muro distaccato e paramento in tufo ad opus poligonale) sul fianco rettilineo, verso il fiume Adige, oltre ad aprire una porta di sortita, poi murata.
L’ingresso era protetto dalle postazioni per fucilieri dell’orecchione e da un fosso diamante (fossato posto, di solito, davanti alle aperture per le postazioni delle armi e per gli ingressi nelle casematte, con lo scopo di contenere le macerie prodotte da un’offensiva d’artiglieria che potrebbero impedire la visuale dalle feritoie oppure ostruire l’accesso o l’uscita dalla fortificazione), tuttora constatabile, che veniva superato da un ponte levatoio. Nella sua funzione ottocentesca il Bastione Campo Marzio accolse nel suo piazzale una grande polveriera, oggi abbattuta, con riserve per la guerra (Kriegspulvermagazin).
Nel 1865, nella cortina con il contiguo Bastione delle Maddalene, fu realizzata una nuova apertura, la Porta di Campofiore, ad uso prettamente ferroviario dato che collegava lo stabilimento della Provianda (nel vecchio linguaggio militare, reparto di salmerie incaricato di portare provviste, vettovaglie per soldati ed animali) di Santa Marta (sorta tra il 1863 ed il 1865 ed originariamente denominata Verpflegs Etablissement Santa Marta) alla stazione ferroviaria di Porta Vescovo. Sui binari ed attraverso la porta transitavano vagoni carichi di granaglie: dalla stazione superavano il fossato su un ponte ed arrivavano alla zona di scarico, sul binario tra i due silos della Provianda. Progettista dell’opera fu l’architetto Anton Naredi-Rainer von Harbach, capitano di II classe, in servizio alla Genie Direction di Verona, che già era intervenuto nella realizzazione di Porta Vescovo.
Il lato campagna, a paramento di tufo e laterizio, si riallaccia allo stile del classicismo sanmicheliano, mentre il basamento ed il corpo centrale, in cui agisce il portale ad arco coronato dalla trabeazione (struttura orizzontale sostenuta da colonne, composta da architrave, fregio e cornice), appaiono a conci (blocchi di pietra da costruzione squadrati, lavorati) di tufi rustici. A ciascun lato dell’ingresso si mostra uno scudo pendente da nastri, ambedue da additare al dovere conservativo. Sul risalto centrale, a sua volta, campeggia lo stemma che, in epoca dominata da Vienna, recava l’arcigna aquila bicipite, poi tolta di mezzo a suon di mazzate.
L’Associazione regionale apicoltori del Veneto (dedita all’Anagrafe apistica nazionale) ha collocato nel vallo quattro arnie che ospitano una nutrita colonia di api ben monitorata.
Un controllo da parte di ben altri organi preposti, invece, che manca non solo nei confronti dell’andirivieni di tossicodipendenti ma pure di sfrontati graffitari in “polluzione pseudo creativa” (che hanno deturpato un tratto delle mura esterne del Bastione).
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi