Ristrutturato tra il 2004 ed il 2005, intitolato con grancassa istituzionale il 22 gennaio 2011 allo storico esponente democristiano, l’attraversamento del fiume Adige soffre un preoccupante degrado nelle sue campate laterali – Strutture imbrattate da graffitari, bivacchi (con resti di fuochi), rottami e carcasse riaffiorati dalla secca del fiume Adige, rifiuti e siringhe dispersi – Urgono un monitoraggio delle “frequenze”, una seria occhiatina a parti arrugginite o danneggiate e la bonifica dell’area
Allarma quanto è constatabile (volendo farlo, con un minimo di buona volontà, soprattutto per dovere d’ordine pubblico) curiosando tra greti ed arcate del ponte di San Pancrazio (valico di via Ponte San Pancrazio, tra le vie Lazzaretto e XXVIII Marzo) o del Pestrino. Ponte che, il 22 gennaio 2011, è stato intitolato (chissà per quali architetture politically… incorrect) non ad un illustre personaggio del passato nato in terra scaligera ma ad un… vicentino, Mariano Rumor (Vicenza, 16 giugno 1915 – Vicenza, 22 gennaio 1990), politico, giornalista, segretario della Democrazia Cristiana, cinque volte presidente del Consiglio dei Ministri e ministro degli Affari Esteri, dell’Interno, dell’Agricoltura e delle Foreste. La sua salma riposa nel Cimitero Maggiore di Vicenza.
Chissà se, in regime di par condicio, a Vicenza o nella sua provincia qualcuno si sia scomodato a dedicare un ponte ad un meritevole veronese, politico o meno…
Rileggendo in Internet la cronaca di quel giorno, salta all’occhio la retorica sfoderata dal sindaco Flavio Tosi al momento inaugurale: «Con orgoglio e soddisfazione intitoliamo oggi questo ponte ad un grande statista veneto ed italiano, che non solo fu una delle figure che segnarono politicamente il nostro Paese ma che ancor oggi è per tutti noi un modello ed un esempio di come è possibile fare politica in modo onesto, con grande impegno e dedizione a servizio della gente».
All’evento ufficiale erano presenti autorità non solo veronesi (pure il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi) che si sono assiepate per la dedica ufficiale che ha sancito la ristrutturazione e l’ampliamento del ponte, in precedenza a senso unico alternato, con circolazione regolata da un semaforo.
Se i convenuti per l’occasione, allora, erano ben noti, sconosciuti sono quelli che s’avventurano nei due tratti di riva sotto la struttura d’acciaio e calcestruzzo per imbrattare, accendere fuochi, abbandonare rifiuti ed avanzi vari, siringhe comprese.
Oltre al pugno nello stomaco al minimo senso artistico dato da “opere” di imbrattapareti che è troppa grazia etichettare “romantici” graffitari-writers (più che altro, “maniaci” dell’incetta di bombolette spray da scaricare su disgraziate superfici “vergini”), ciò che interroga sono i punti anneriti da fuochi appiccati per chissà quali ragioni, di giorno o di notte.
Oltre alle evidenti tracce di fiamme poi spente, bottiglie vuote di bevute solitarie od in compagnia raccontano confusi retroscena ed anomali soste a pochi metri dalle acque del fiume Adige.
Una croce in ferro (che riporta la presumibile data XX-I-IX) allarga i suoi bracci come in segno d’abbraccio, di protezione.
Pure l’altro lato del ponte Mariano Rumor (che gira le spalle a Lazzaretto e Pestrino) nasconde degrado umano. Tra il risicato, volgare, umido, sporco spazio di cemento tra una parete dell’arcata ed il declivio di pietrame che scende verso il fiume, qualcuno si buca disfacendosi poi delle siringhe usate, con tanto d’ago pronto ad infilzare il primo malcapitato che bazzichi in quel luogo dalla dignità perduta.
Il periodo di secca dell’Adige, poi, consente il “rinvenimento” di rottami e carcasse vari emersi dalla loro misteriosa fine. Elementi metallici pesantemente arrugginiti, danneggiati, oltre a frammenti staccati, consigliano un’urgente revisione nel nome della sicurezza generale.
Alla luce di quanto riportato, un “giretto” di verifica e controllo da parte degli organi preposti costituirebbe un atto dovuto. Anche per la sicurezza di quanti abitano nei paraggi o frequentano la zona per passeggiate, escursioni e jogging…
Interessanti notizie sul ponte Mariano Rumor le fornisce l’ing. Giuseppe Puglisi Guerra nel suo articolo-saggio “I ponti di Verona fra ingegneria e storia”, pubblicato nel trimestrale “Notiziario Ordine degli ingegneri di Verona e provincia” n. 91, luglio-settembre 2006. Partendo dal dato dei 14 ponti presenti all’interno del territorio del Comune di Verona, cita “il ponte di San Pancrazio o del Pestrino (al momento della redazione dello studio era identificato così, n.d.t.), ricostruito recentemente in sostituzione di un vecchio manufatto degli anni ’50 in calcestruzzo armato ormai fortemente fessurato, aggredito pesantemente dalla corrosione e inadeguato ai moderni carichi stradali”.
Lungo “ben 150,60 m fra gli assi degli appoggi delle spalle”, il ponte di San Pancrazio o del Pestrino appartiene alla categoria delle costruzioni miste acciaio-calcestruzzo, con schema statico a travi continue. “Presenta ben sei campate delle quali le quattro centrali hanno lunghezza di 26.60 m, quella di sinistra è di 17.90 m e quella verso San Pancrazio è di 26.30 m”.
“A proposito della realizzazione dei vincoli, c’è da osservare come solamente gli attraversamenti del Saval, quello del Risorgimento e quello di San Pancrazio siano dotati di apparecchi d’appoggio veri e propri (guarda caso, sono le costruzioni più recenti in ordine cronologico)”. Più nello specifico, “il terzo (…), poiché è stato ricostruito completamente fra il 2004 ed il 2005 (l’inaugurazione è avvenuta nell’ottobre del 2005), impiega moderni pani in gomma armata”. In quanto a tipo di struttura portante dell’impalcato, il ponte di San Pancrazio è classificato nella “famiglia” dei cassoni, con “la sezione trasversale costituita da 2 cassoni monocellulari in lamiera d’acciaio connessi fra loro da traversi reticolari posti in corrispondenza delle spalle e delle pile e composti da profilati a C formati a freddo pressopiegati”.
L’odierno ponte Mariano Rumor è di competenza dell’“insieme degli attraversamenti con funzioni urbanistico-viarie”, (…) “realizzato nel secondo dopoguerra all’estrema periferia sud di Verona per collegare la zona del Pestrino col borgo di San Pancrazio”.
Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi