Il Consiglio comunale di Verona, il 26 ottobre scorso, ha deciso d’anticipare a quanto prima l’inizio dell’opera di recupero del Forte Santa Caterina e le sue pertinenze, in via del Pestrino, con lavori finanziati tramite Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, programma dell’Unione europea di ripresa e rilancio economico post pandemia da Covid-19), dei fondi, cioè, del Next Generation Eu gestiti dal governo. Il valore complessivo dello stanziamento, nel contesto del Programma nazionale della qualità dell’abitare (PinQua) inglobato nel quadro di riferimento del Pnrr, è di 14.950.000 euro.
La decisione d’avviare in tempi più stretti il riassetto del vasto spazio del forte (denominato in epoca austriaca Werk Hess) fa seguito al masterplan approvato dalla Giunta il 12 maggio di quest’anno con assetti nuovi rispetto al progetto elaborato nel 2021, più in sintonia con l’ambiente e con le finalità del social housing (edilizia residenziale sociale od edilizia abitativa sociale).
L’area verde (in posizione suggestiva, a ridosso dell’Adige e di fronte all’isolotto del Pestrino) sarà di circa 76mila mq, con un “percorso avventura” ed un orto botanico di 13mila mq. La porzione edilizia è stata ridotta da 16.300 a 12.700 mq. Verrà raddoppiata la superficie residenziale per i soggetti con fragilità (da 1.000 a 2.000 mq) e troveranno ubicazione, nel “polo d’inclusione”, la fattoria didattica da 250 mq, il ciclo ostello da 700 mq, l’asilo nido comunale da 250 mq, il centro diurno da 1.000 mq.
Il “polo food” costituirà un ulteriore capitolo d’aggregazione e servizio, con tavola calda, cucina condivisa, mercato coperto a “km zero”, orti urbani in serre. Nel “polo dei mestieri” (da 1.000 mq) verranno creati laboratori di vario genere e nel “polo della conoscenza” ci saranno posti ed aule per lo studio ed il doposcuola, una sala conferenze con biblioteca, locali di sperimentazione. Specifiche strutture ospiteranno archivi del patrimonio comunale.
L’ampio piazzale al centro del forte (da 12mila mq) servirà da location per eventi all’aperto (concerti, spettacoli teatrali, manifestazioni multiespressive). Il denominatore comune delle zone dovrà essere, oltre alla fruibilità da parte dei cittadini, la funzionalità in rapporto all’inclusione ed all’inserimento anche lavorativo delle persone con disabilità od altre problematiche.
L’auspicio è che tanta progettualità in realizzazione decisa possa ribaltare dall’abbandono e dallo squallore un catino storico come il forte, in stretta vicinanza con il monastero di clausura delle Serve di Maria oblate sacerdotali. Come da noiosa ritualità, metrature di mura esterne (anche quelle prospicienti del convento) sono finite sotto attacco vandalico-graffitaro, con qualche nota “riparativa” di pregio data dai lavori dello street artist veronese Cibo (pseudonimo di Pier Paolo Spinazzè).
Rifiuti e detriti, inoltre, lordano il perimetro erboso in attesa di qualche bonifica, magari di contorno alla ristrutturazione generale.
Alti e bassi della storia
Con la morte improvvisa dell’ufficiale ed ingegnere tedesco Franz von Scholl che aveva elaborato un progetto per i tre forti della poderosa “testa di ponte” di Santa Caterina tra il 1834 ed il 1838, il maggiore ed ingegnere Johann von Llavaty ricavò uno studio più economico per un unico, vasto forte che mantenesse la funzionalità e l’architettura dei fini originari.
L’intento trovò realizzazione tra il 1850 ed il 1852 sotto la direzione dei lavori del maggiore ed ingegnere austriaco Conrad Petrasch della Genie Direction di Verona.
Ne venne fuori un ampio forte in stile neoclassico a tracciato poligonale che chiudeva il primo campo trincerato sulla destra del fiume Adige, ad oriente. Costituì sistema con il forte Porta Nuova e con la torre Tombetta (a destra) e con il forte San Michele (a sinistra), agendo nella difesa indiretta del ciglione di Santa Lucia-San Massimo.
La struttura era costituita, al suo interno, in quattro sezioni divise da fossati asciutti di sicurezza. I suoi affollati presidio di guerra (formato da 525 fanti e 100 artiglieri) e quello d’emergenza (di 660 uomini) potevano contare su riserve d’acqua provenienti da cinque pozzi. L’armamento in dotazione al forte consisteva in 2 cannoni da 9,5 cm ad avancarica con anima rigata, 29 cannoni ad avancarica con anima liscia e 2 mortai da 24 cm, mentre le riserve di munizioni ammontavano a 520 barili di polvere da 112 kg.
L’attribuzione a Santa Caterina da Siena deriva dalla presenza sull’antica strada di collegamento tra il Lazzaretto e Porta Nuova d’una cappella a lei dedicata ma gli austriaci dedicarono ufficialmente il complesso al Freiherr/barone Heinrich Hermann Josef von Hess, entrato nell’esercito nel 1805, nominato dapprima luogotenente feldmaresciallo ed in seguito, via via, Feldzeugmeister (titolo utilizzato dall’esercito austriaco per designare un alto ufficiale generale con compiti specifici), quartiermastro-generale e, infine, feldmaresciallo.
Il più illustre feldmaresciallo Josef Radetzky diventato, nel 1831, Comandante in Capo dell’Armata d’Italia, fece di von Hess il Capo del proprio Stato maggiore e nelle due campagne contro re Carlo Alberto (re di Sardegna e principe di Piemonte) sfociate nella Battaglia di Novara, il suo supporto fu determinante per la familiarità del territorio. Nel 1854 comandò le armate austriache partecipanti alla Guerra di Crimea e dopo la promozione a feldmaresciallo, nel 1860, rassegnò le proprie dimissioni da Capo dello Stato maggiore. Nel 1861 s’affacciò alla politica con la sua elezione nella Camera dei Signori austriaca e nel 1862 ricevette l’incarico di cancelliere dell’Ordine imperiale di Leopoldo.
Passato nelle mani dell’esercito del Regno d’Italia, il Forte Santa Caterina (ex Werk Hess), tra le due guerre mondiali trovò ripiego come campo per l’addestramento del reggimento minatori dell’Arma del Genio e le varie operazioni di mina contribuirono alla sua graduale demolizione.
Con la conclusione dell’impiego militare della fortificazione, l’abbandono prese il sopravvento prima dell’assalto di moto da cross che la trasformarono in circuito sterrato chiuso, con ulteriori danni all’assetto sopravvissuto. Il successivo lasso di trascuratezza e di vandalismo decretò altra rovina e decadenza, con parallela esplosione di vegetazione spontanea. Solo in anni recenti s’accese l’interesse per quel grandioso spazio superstite storico ed architettonico che consentì il disboscamento e la messa in recupero e sicurezza in vista d’una valorizzazione pubblica. Che, da quanto ufficializzato, è finalmente in fase d’avvio…
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi