Il dizionario Treccani, che la sa lunga, definisce il “viale” come “ampia via urbana o suburbana per lo più caratterizzata dalla presenza di alberi piantati lungo il suo percorso, spesso divisa in due, tre o più carreggiate mediante marciapiedi spartitraffico alberati e, a volte, sistemati a giardino… ecc. ecc…”.
L’idilliaca spiegazione di viale (come Dio comanda) fa a pugni, però, con la realtà sotto gli occhi di tutti del nostrano viale della Fiera (congiunzione di via Giovanni Scopoli con stradone Santa Lucia, nelle immediate adiacenze di Veronafiere) che, ad un lato, costeggia i resti dell’ex Manifattura tabacchi ora in deciso cambio di destinazione. Per questo c’è chi si pone la domanda: «Ma chi ha deciso il termine viale per una banale via di connessione (peraltro a senso unico con corsia preferenziale in direzione inversa) che, a causa delle sue condizioni, pretenderebbe il cambio di denominazione in… viaccia?».
Sì, viaccia… Per il degrado che vi imperversa, all’ombra impotente della torre delle telecomunicazioni (alta 102 m) che troneggia all’angolo con via Giovanni Scopoli.
Non ci sono alibi o scuse per l’indecenza: scarti di vario genere abbandonati accanto a cassonetti istituzionali, cestini portarifiuti strapieni, un chiosco utilizzato chissà perché e quando chiuso ma vandalizzato, rifiuti in striminziti spazi verdi nell’incuria, mozziconi di sigarette a bizzeffe, vecchie saracinesche in disuso imbrattate da scritte e disegnacci, mobilia smontata e lasciata sul marciapiede vicino ai contenitori per la raccolta differenziata, bottiglie infilate perfino in brecce nel muro, centraline scarabocchiate, patologici graffiti.
E l’assetto burocratico urbano insiste (mettendolo nero sbiadito su bianco grigiastro in targhe stradali) a chiamare “viale” lo scadente tragitto…
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi