I dati del rapporto annuale Excelsior di Unioncamere e Anpal sull’andamento delle assunzioni nel 2020 conferma l’immagine di un mercato del lavoro italiano diviso in comparti stagni, balcanizzato: a fronte della riduzione delle assunzioni del 30% rispetto al 2019 (1.372.890 contratti di lavoro in meno, inclusi stagionali e collaborazioni) permane, anzi cresce dal 26 al 30%, la difficoltà a reperire figure e professionalità che le aziende ritengono adeguate, in particolare nel campo dei servizi digitali.
Anche grazie all’accelerazione digitale impressa dalla crisi Covid (si pensi all’implementazione del telelavoro e del commercio online) è aumenta infatti la richiesta di professioni “intellettuali, scientifiche, a elevata specializzazione e tecniche” (una assunzione programmata su 5 secondo il rapporto). Aumenta inoltre la richiesta di operai specializzati, che insieme ai conduttori di impianti e macchine arrivano a coprire 3 ingressi programmati su 10, e di impiegati nell’edilizia e in alcuni comparti manifatturieri meno penalizzati dalla crisi.
Peccato che le aspettative delle imprese si scontrino con la realtà vissuta da milioni di giovani disoccupati o sottoccupati o di lavoratori sovraistruiti che si trovano a svolgere mansioni nettamente inferiori alle loro competenze e qualifiche. L’aumento dell’emigrazione verso l’estero è uno dei segnali meno equivocabili di questa sempre più insanabile contraddizione.
Come Cgil ribadiamo che Verona, il Veneto e l’Italia devono decidere cosa vogliono fare da grandi: per crescere nel mercato mondiale occorre una adeguata programmazione pubblica capace di anticipare e non solo di inseguire le esigenze delle imprese. Alle imprese invece diciamo: utilizzate meglio il contratto di apprendistato, che lungi dall’essere una modalità per risparmiare sul costo del lavoro è lo strumento principale per costruire le professionalità che servono effettivamente alle imprese. Nel sistema tedesco un giovane può entrare in fabbrica da apprendista, uscirne dopo qualche anno da tecnico specializzato per affrontare un corso universitario al termine del quale può tornare nella stessa fabbrica in qualità di manager. In Italia il corretto utilizzo dell’apprendistato, nella sua doppia formulazione “di base” a 3 anni e di specializzazione a 5 anni, può essere l’antidoto al lavoro usa-e-getta dei contratti a termine, conseguendo il duplice obiettivo di assicurare stabilità ai giovani lavoratori e aiutare le aziende a recuperare il gap di professionalità che lamentano da decenni”.
Stefano Facci, Segretario Generale della Camera del Lavoro Cgil Verona