Avrebbe dovuto riunirsi oggi a Losanna, in Svizzera, il Comitato Olimpico Internazionale per decidere sulla sanzione esemplare da impartire all’Italia in occasione dei giochi olimpici che prendono il via il 23 luglio: gli atleti azzurri avrebbero dovuto presentarsi senza bandiera, senza inno, gareggiare senza divisa e le medaglie vinte non sarebbero appartenute al medagliere italiano, ma sarebbero finite nel serbatoio degli Independent Olympic Athletes. Non solo. Ai giochi avrebbero partecipato solo gli
atleti italiani qualificati a titolo individuale e, perciò, le squadre sarebbero state eliminate: niente nazionale di pallavolo, di pallanuoto e via dicendo.
Per non parlare del danno incalcolabile che tale pronuncia avrebbe avuto nei confronti della reputazione dello sport italiano, proprio ora che il nostro Paese è l’organizzatore dei giochi olimpici invernali di Milano-Cortina nel 2026; tra le altre sanzioni, inoltre, il Comitato Olimpico Internazionale
avrebbe potuto anche decidere di interrompere ogni rapporto istituzionale con il Coni e sospendere il contributo (o una tranche di esso) destinato ai giochi olimpici invernali previsti tra 5 anni (il contributo è di 925 milioni di dollari).
Ma esattamente un giorno prima – ieri – in extremis e a sorpresa, il Consiglio dei Ministri ha approvato con urgenza un decreto legge atteso ancora 2 anni fa, decretando l’autonomia del Coni e, quindi, evitando (forse!) quell’onta storica per la nostra nazione che era già nell’aria da tempo. Ma facciamo un passo indietro e ricostruiamo la vicenda.
L’art. 27 della Carta Olimpica (la c.d. Bibbia dello Sport per tutto il mondo) recita che “i Comitati olimpici nazionali devono preservare la propria autonomia e resistere a pressioni di qualsiasi tipo, incluse quelle politiche, giuridiche, religiose o economiche” ed esplicita anche la possibile
sospensione dai giochi, la revoca del pieno riconoscimento, la revoca del diritto di organizzare una sessione qualora “la costituzione, la legge o altre norme in vigore nella Nazione in questione, siano ostacolo all’attività o alla libera espressione del Comitato olimpico nazionale stesso”.
Quando sono iniziati tutti i problemi? Ancora nel Primo Governo Conte. Era il 30 dicembre 2018 quando il Governo (M5S e Lega), con l’allora sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega allo sport Giancarlo Giorgetti, ha decretato la fine del Coni Servizi, istituendo in sua sostituzione la Società per Azioni “Sport e Salute” che, sotto il controllo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, era di fatto la cassaforte dello sport italiano. Aveva il compito di distribuire i finanziamenti dello Stato italiano al sistema sportivo.
Da qui nasce il problema della mancata autonomia dello sport Italiano e la violazione della carta olimpica. Ancora 25 mesi fa, quindi, si rendeva necessaria un’azione del governo, della quale il premier Conte si era espressamente impegnato con il presidente del Comitato Olimpico Internazionale Bach, ancora in occasione dell’assegnazione all’Italia dei giochi olimpici invernali Milano-Cortina avvenuta nel giugno 2019.
Ciò non avvenne e il Presidente del Coni, Malagò, poche settimane dopo, evidenziava in Senato la pericolosità di tale situazione per lo sport italiano, invitando i nostri politici a non scherzare con il fuoco.
Tale appello finì nel dimenticatoio, nonostante l’approvazione da parte del Senato della legge delega con la quale incaricava il governo di riformare lo sport italiano.
Caduto il primo Governo Conte, ecco il Conte bis con Vincenzo Spadafora Ministro dello sport che, ricevuto dal Comitato Olimpico Internazionale un ultimatum ancora nell’agosto scorso – al governo italiano era stata inviata una lettera nella quale erano riportate le specifiche indicazioni con cui la
legge di riforma dello sport italiano approvata l’8 agosto avrebbe proseguito a violare le prerogative del Coni e la Carta Olimpica – ha dato vita ad un vero e proprio botta e risposta con il presidente del Comitato Internazionale Bach proprio sulla questione “autonomia”, lasciando poi cadere nel nulla le
indicazioni ricevute.
E, nel completo silenzio governativo (nonostante, bisogna riconoscerlo, il continuo conflitto tra Malagò e Spadafora, protratto per mesi e le continue richieste del Comitato Internazionale di sanare la situazione), siamo arrivati a oggi, o meglio a ieri: dopo l’ultimo appello di Malagò alla Camera, alla vigilia dell’odierna riunione del Comitato Olimpico a Losanna, ieri il Governo è corso ai ripari e, come si diceva nell’introduzione, in extremis ha approvato il decreto legge di autonomia del Coni accompagnato dalle dichiarazioni di Spadafora che ha dichiarato che “per la lunga e gloriosa storia sportiva e democratica del nostro Paese era improbabile che l’Italia venisse così duramente sanzionata domani, ma la decisione di oggi fuga ogni dubbio e risolve il problema dell’indipendenza del Coni”, nonostante l’ultima parola sul decreto legge spetti al Parlamento in sede di conversione
dello stesso.
Che fosse improbabile la sanzione, no, direi proprio di no. Al contrario, era certa. E proprio perché l’Italia, grazie ai nostri atleti, può vantare una lunga e gloriosa storia sportiva non era il caso di arrivare a questo, con ancora una situazione non definita, anche se probabilmente è stata “salvata”.
Ciò che di certo non è stata “salvata” è la faccia: al di là di ogni fede politica, con una considerazione assolutamente apartitica, la figuraccia è stata fatta, dopo 25 mesi di avvertimenti e inviti. E forse i nostri atleti, quei ragazzi che si allenano da anni e con grinta vanno a rappresentare i nostri colori, la nostra nazione e la nostra storia, questo non se lo meritavano. E con un’espressione tanto cara ai giovani d’oggi, ai governi di tutti i tempi verrebbe da dire “la prossima volta magari PRIMA”.
Chiara Aldegheri
Dottoressa in giurisprudenza