È il protrarsi, purtroppo, d’una “vecchia” situazione già fatta emergere dal mensile “L’Altra Cronaca” ancora nel luglio 2019, con una segnalazione agli organi istituzionali competenti avente per oggetto “Allarme droga in area del Bastione delle Maddalene (nei pressi del parcheggio di via Marcantonio Bassetti)”.
Si trattava (allora ed adesso) d’una sconcertante “scoperta dell’acqua calda” all’interno di recinzioni divelte, negli immediati pressi, appunto, del parcheggio di via Marcantonio Bassetti (diramazione di via Francesco Torbido), a pochi passi da Porta Vescovo: siringhe, nell’“usa & getta” di tossicodipendenti, abbandonate un po’ ovunque.
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[ngg src=”galleries” ids=”10″ exclusions=”84,85,86,87,88,89,90,91,93″ sortorder=”84,85,86,87,88,89,90,91,93,95,94,92,96,97″ display=”basic_imagebrowser”]La storia del Bastione delle Maddalene
Il Bastione delle Maddalene, infatti, racconta vari trascorsi, partendo dai primi interventi d’ampliamento del cordone murario cittadino ad opera di Ezzelino III da Romano, dopo l’alluvione del 1239. Nel 1287-1289 Alberto I della Scala fece edificare il “cordone” murario turrito di Campo Marzo, allargando l’assetto protettivo dalla riva sinistra del fiume Adige fino a Porta Vescovo.
Nel 1527 intervenne a sua volta la Serenissima Repubblica di Venezia, erigendo il bastione e la cortina tra il bastione stesso e Porta Vescovo con un intervento innovativo portato a termine da Pier Francesco da Viterbo (e non, come si ritenne a lungo, da Michele Sanmicheli, tra i più dotati architetti militari del tempo) su direttive di Francesco Maria I della Rovere, duca d’Urbino e governatore generale delle Milizie Venete.
Deviando dall’usuale bastione a forma circolare o quadrata, Pier Francesco da Viterbo concretizzò un bastione triangolare e pentagonale. Nel 1839, sotto il dominio asburgico, il feldmaresciallo Josef Radetzky ordinò (per necessità strategiche e militari riguardanti un sistema innovativo di difesa attiva e di ritorni offensivi, tramite forti all’esterno del perimetro murato) anche il restauro e la trasformazione della struttura. Attuando quanto progettato da Franz von Scholl (Aachen/Aquisgrana, 8 gennaio 1772 – Verona, 3 settembre 1838, ufficiale ed ingegnere incaricato alle fortificazioni, la cui tomba si trova nell’area ex austriaca del Cimitero monumentale scaligero), il complesso fu interessato dalla sostituzione delle originarie postazioni superiori per l’artiglieria a cielo aperto con un secondo ordine di casematte, piazzate ai lati e sopra quelle precedenti.
Oltre alle evidenti fessurazioni nel fianco destro, ora il bastione è alle prese con i “nuovi barbari”, quelli che, fregandosene della sua storia e presenza, lo mortificano ulteriormente inquinandolo con la dispersione di siringhe dopo i fatidici ed angoscianti “buchi”. Siringhe che, stando a quanto documentato con foto e video, rimangono semioccultate tra erba e terra senza che qualche organismo preposto s’occupi della bonifica che dovrebbe essere periodica (constatato l’andazzo).
[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=EHazvNYVQ2Y[/embedyt]Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi