Accolte il 27 febbraio scorso, dopo un difficoltoso viaggio in pullman,
al casello di Verona Nord – Avevano trovato ospitalità presso la mamma
e nonna Larysa, a Brescia – Il tanto voluto ritorno minato dallo stress
per le inquietanti sirene d’allarme
Dopo circa quattro mesi dal loro arrivo in pullman da Ternopil’ (Ucraina) al casello di Verona Nord dell’autostrada A22 del Brennero (vedi articolo) e, da qui, alla madre e nonna Larysa residente a Brescia, nei giorni scorsi, dopo tentennamenti prudenziali e partenze continuamente rimandate, la giovane mamma Anna, 29 anni, ha infine deciso il ritorno in patria assieme alle sue bambine Milana e Sofya, di 7 e 2 anni.



Un viaggio a ritroso, sempre in pullman, confidando forse un po’ troppo nella relativa calma che pare riguardi l’oblast’ (superficie amministrativa equivalente alle regioni italiane, dipendente diretta dello Stato, suddivisa in distretti) di Ternopil’, nell’Ucraina occidentale, che fu tra le più importanti città pure della Galizia e della Podolia, oltre che, tra il 1918 ed il 1919, capitale della Repubblica nazionale dell’Ucraina Occidentale e, nel 1920, della Repubblica socialista sovietica di Galizia.
Ternopil’, dunque, città storica legata anche ai suoi trascorsi austriaci e polacchi, quando si chiamava Tarnopol. Purtroppo, il rientro a casa di Anna, Milana e Sofya, accolte dal marito e padre Roman (che non aveva potuto seguire moglie e figlie a causa del divieto di lasciare il Paese in guerra imposto dal governo di Kyïv agli uomini tra i 18 ed i 60 anni) e dalla suocera e nonna Maria, non è stato un sospiro di sollievo dopo il distacco forzato, anzi…
Da quando sono tornate, spesso, giorno e notte, sono costrette a convivere con la drammatica realtà delle sirene d’allarme (come quelle registrate da Anna, inviate tramite Whatsapp alla madre Larysa e qui pubblicate) e dell’eventuale, veloce stiparsi in insicuri rifugi per la minaccia di attacchi missilistici russi.
Ternopil’, coinvolta poco nel conflitto, non è comunque sicura in quanto area-cuscinetto ad ovest della recrudescenza bellica ad est. E, forse, il tanto voluto rimettere piede in Ucraina di Anna è stato prematuro, soprattutto sotto il punto di vista psicologico delle sue bambine costrette allo stress dei continui allarmi e della conseguente, ansiosa attesa d’un qualche peggio.
Che Dio vi protegga, Anna, Milana e Sofya…
Claudio Beccalossi