Ha ragione l’assessore Caner nel manifestare grande preoccupazione per un settore
strategico come l’ortofrutta Veneta, un settore che impegna 50.000 ettari e
rappresenta un fatturato di circa un Miliardo di euro. Tuttavia, in coda ad alcuni
articoli usciti, crediamo vadano fatte alcune importanti sottolineature. Interviene il
Presidente di Confcooperative Verona Fausto Bertaiola “Non vogliamo giudicare
l’operato di OPO Veneto, tra l’altro non ne abbiamo gli elementi, di certo si tratta di
una debacle, non certo isolata, che segue altri gravi crolli verificatisi negli ultimi anni
nella nostra regione e in generale in tutta Italia, a testimonianza di un settore con tutti
gli alert accesi.” Continua il Presidente: “Si nota tutta via, nell’opinione generale, una
sorta di accanimento precostituito nei confronti delle Organizzazioni dei Produttori e
delle cooperative in generale: non sono solo le cooperative ortofrutticole in difficoltà
ma tutti gli operatori del settore anche se, purtroppo, sotto le luci della ribalta finiscono
solo le disavventure del modo organizzato”.
Aggiunge il Presidente di Fedagripesca Veneto, Silvio Dani “Le O.P. ortofrutticole nella
nostra regione rappresentano circa il 30% del fatturato dell’ortofrutta Veneta con fior
fior di cooperative che svolgono un lavoro straordinario al servizio dei propri soci e non
solo, spesso in concorrenza con gli imprenditori “privati”, in un contesto di grandissima
fragilità. La cooperazione riceve, lavora, trasforma e commercializza i prodotti agricoli
conferiti dai soci agricoltori con il fine di remunerarli il più possibile, per cercare di
mettere al riparo dalle speculazioni ribassiste la materia prima. Da qui si capisce
l’importanza di sostenere con tutti i mezzi possibili il modello cooperativo che
garantisce la sopravvivenza dell’agricoltura. La cooperazione è vincolata a
commercializzare il 100% della produzione dei soci, anche quella grandinata, colpita
da insetti, raccolta da personale quando lo si riesce a trovare (e questa del personale
è una piaga che dovremo ulteriormente approfondire), in concorrenza con aziende
private che pur di fare cassa sono disposte a vendere subito e a qualunque prezzo,
che possono acquistare ortofrutta dal territorio o da qualsiasi altra parte o
semplicemente non acquistare, perché magari in quel frangente non è conveniente”.
Le cooperative possono così risultare più fragili. Può essere, ma una cooperativa non
lavora per produrre utile o per remunerare il capitale investito, lavora con l’obbiettivo
di garantire il più possibile un adeguato reddito al proprio socio conferente. Da questo
ne consegue, non di rado, la difficoltà nel capitalizzare adeguatamente le strutture
cooperative ma questo, in una logica di contrappesi, è ampiamente controbilanciato
dalla funzione sociale che esse svolgono. In merito a quanto sostenuto dall’assessore
Caner, relativamente a quanto accade in altre Regioni, come la citata Emilia
Romagna, ma aggiungeremmo anche il Trentino, è forse vero che la mentalità
cooperativistica è più sviluppata, ma è altrettanto vero che in quei luoghi le istituzioni
hanno da sempre fatto scelte chiare per il settore, favorendo in ogni modo la
cooperazione, indirizzandola nei momenti di difficoltà e non certo mettendola in
concorrenza con imprenditori privati. Continua il presidente di Confcooperative
Verona Fausto Bertaiola: “La verità è che l’ortofrutta Veneta, come buona parte
dell’agricoltura Italiana, paga scelte politiche ed accordi commerciali che ci vedono
in competizione con altri distretti produttivi, in giro per il mondo, con i quali non
potremmo mai competere in termini di costi di produzione e di filiera. Asfissiati da una
burocrazia esasperata con problemi mai risolti ci troviamo, da anni, ad essere la
cenerentola dell’agricoltura europea; situazione che abbiamo cercato di superare
inseguendo la migliore qualità, puntando ai mercati più selettivi e più remunerativi
subendo, tuttavia, lo strapotere contrattuale della GDO. La concentrazione
dell’offerta, tanto richiesta dalle politiche agricole comunitarie, poteva essere
raggiunta, ma probabilmente, le stesse istituzioni nazionali e regionali, non ci hanno
mai creduto fino in fondo. Oggi produrre qualità, in un contesto di continuo
cambiamento, diventa sempre più difficile se non impossibile e comunque sempre più
costoso: condizioni climatiche estreme, lunghi periodi siccitosi interrotti da eventi
catastrofali, diffusione di nuove fitopatie sconosciute che distruggono i raccolti, ed
infine il problema, mai risolto, della manodopera. Servono interventi urgenti,
sperimentazione, ricerca, semplificazione burocratica e, soprattutto, significative
risorse per rinnovare, riconvertire un settore di vitale importanza, tanto più nel Veneto
dove possiamo contare su eccellenze del settore che rischiano l’estinzione; l’amara
conclusione è che quando le difficoltà del settore saranno finalmente chiare a tutti,
probabilmente sarà troppo tardi”.
Add A Comment