È una serie di arterie a senso unico conosciuta soprattutto per le estenuanti code di automezzi che s’incolonnano tra piazza Enrico Bernardi e via e regaste Redentore, sfilando accanto al Teatro Romano. Le vie Giardino Giusti, Santa Maria in Organo, Santa Chiara costituiscono un asse storico con un punto d’eccellenza internazionale, il Palazzo Giusti, che fa d’anticamera ai famosi Giardini omonimi, dal cognome d’una famiglia che, alla fine del 1200, si spostò dalla Toscana a Verona per dedicarsi all’attività di tintura della lana allora fiorente.
Anche Goethe, Mozart, Alessandro I di Russia tra i visitatori
Provolo Giusti, nel 1406, acquistò un terreno a ridosso delle antiche mura scaligere e per un paio di secoli i proprietari vi fecero bollire i calderoni destinati al trattamento della lana e per stendervi ad asciugare i tessuti. Nel XVI secolo la struttura originaria mutò in un palazzo di rappresentanza con ampio giardino a terrazzi (su tre livelli) all’italiana con cipressi, sempreverdi, bossi, statue, fontane e grotte. Il nuovo, raffinato assetto generale fu dovuto soprattutto ad Agostino Giusti (1548 – 1615), dotto amante di musica e pittura, interlocutore dei Medici e degli Asburgo, fiduciario della Repubblica di Venezia.
Palazzo ed annesso Giardino Giusti sono meta da secoli di visitatori anche insigni, come Johann Wolfgang von Goethe (scrittore, drammaturgo, poeta, saggista, filosofo, teologo, umanista critico d’arte e musicale, Francoforte sul Meno, 28 agosto 1749 – Weimar, 22 marzo 1832), Wolfgang Amadeus Mozart (compositore, Salisburgo, 27 gennaio 1756 – Vienna, 5 dicembre 1791), Alessandro I di Russia (Aleksandr Pavlovič Romanov, San Pietroburgo, 23 dicembre 1777 – Taganrog, morte presunta, 1° dicembre 1825).
“Distrazione” per Palazzo Farinati-Massalongo
L’edificio di fronte, Palazzo Farinati-Massalongo (citato pure come “palazzetto dei fratelli Farinati”, famiglia di pittori), è purtroppo guardato con certa “distrazione” da chi preferisce immergersi nell’atmosfera verde dai connotati toscano-rinascimentali.
Peccato, perché l’immobile signorile con facciata d’inizio XIX secolo progettata dall’architetto Ottavio Ferrari, sede oggi di attività professionali (studi legali ed “officina del restauro” di Claudio Montoli), costituisce quasi un unicum, contraddistinto da una parte centrale con bugnato (rivestimento ornamentale architettonico formato da bugne, cioè marmi o quant’altro lasciati volutamente sporgenti) nei primi due livelli, con cornici marcapiano di suddivisione e finestre del piano nobile (il primo piano) dalle eleganti protomi (elementi decorativi costituiti da testa o busto d’uomo, animale o creatura di fantasia) umane in architrave.
Lo stesso restauratore Claudio Montoli fornisce altre utili informazioni sul palazzo: «A pianterreno, nello spazio di fronte al mio studio, ci sono affreschi con decorazioni medievali trecentesche. Nel cortile, sul percorso della via consolare Postumia, c’è un’epigrafe romana a suo tempo studiata da Alfredo Buonopane, professore d’Epigrafia latina presso l’Università degli Studi di Verona. La presenza d’un affresco di Paolo Farinati, inoltre, presuppone un probabile intervento cinquecentesco d’ammodernamento dell’originale struttura. Il figlio di Paolo, Orazio, ha affrescato la facciata di Palazzo Giusti, posto di fronte.».
Dopo essere stato proprietà della famiglia Farinati (con Paolo – Verona, 1524 – Verona, 1606 ca. – , ai vertici artistici soprattutto come pittore e disegnatore e con qualche “licenza” nella scultura e nell’architettura, figlio d’arte di Giovanni Battista e padre d’arte d’Orazio), il palazzo passò ai Massalongo, casato in cui emerse la figura di Abramo Bartolomeo (Tregnago, Verona, 13 maggio 1824 – Verona, 25 maggio 1860), naturalista, botanico, paleobotanico, paleofitologo, lichenologo, autore di ben 89 pubblicazioni scientifiche.
Quanto resta d’un affresco di Paolino Caliari
Alla stretta parete laterale esterna dell’edificio, all’altezza del primo piano, sono vedibili con qualche difficoltà i tratti superstiti dell’affresco di Paolino Caliari (Verona, 22 luglio 1763 o 1764 – Verona, 23 aprile 1835), pittore dal nome Paolo costretto al diminutivo “Paolino” per distinguersi dal più famoso Paolo Caliari, detto “il Veronese” (Verona, 1528 – Venezia, 19 aprile 1588). Specifica ancora il restauratore Claudio Montoli: «Di questa pittura di Paolino Caliari sono rimaste labili tracce che lasciano comunque intuire una Sacra Famiglia, quindi Madonna con Bambino e San Giuseppe ed un Santo che, dai pochi elementi, pare intuire sia Rocco». Un adeguato ed attento restauro del salvabile non sarebbe un atto dovuto?
Sul tragitto della Via Postumia
Proseguendo su via Giardino Giusti si riscontrano le purtroppo ormai familiari scritte teppistiche sui muri, contorni di spregio alle vestigia marmoree ed alle pietre con iscrizioni latine, incastonate sul fronte di case a lato strada e connesse all’antica via Postumia, itinerario romano dapprima militare ed in seguito anche commerciale, terminato nel 148 a. C. per decisione del console Postumio Albino. Attraversava i territori della Gallia Cisalpina (l’attuale Pianura Padana) congiungendo Genova ed Aquileia passando anche attraverso Verona.
In via Santa Maria in Organo
All’inizio della susseguente via Santa Maria in Organo (direzione via Redentore) un’edicola mariana attira l’attenzione per la sua qualità devozionale, con tanto di elemosiniera che reca la scritta: “Maria concepita senza peccato. Pregate per noi”, con il “voi” del rispetto sacro ed in segno di deferenza.
Poco più avanti, in alto, sulla facciata a destra, una lapide ricorda una presenza illustre: “Vittorio Betteloni umanista nuovo in questa casa svelò con i canti l’intima poesia della lingua parlata diede bellezza italiana ai poemi tradotti 1840 – 1910”.
Betteloni (Verona, 14 giugno 1840 – Castelrotto, San Pietro in Cariano, Verona, 1° settembre 1910), alla morte per suicidio nel 1858 del padre Cesare, anche lui poeta, venne affidato in tutela all’amico di famiglia Aleardo Aleardi (Gaetano Maria Aleardi, Verona, 14 dicembre 1812 – Verona, 17 luglio 1878, poeta del romanticismo, deputato del Regno di Sardegna nel 1860 e senatore nel 1873).
Amico a lungo di Giosuè Carducci (Giosuè – o Giosue senza accento, come preferiva l’interessato – Alessandro Giuseppe, Valdicastello, frazione di Pietrasanta, Lucca, 27 luglio 1835 – Bologna, 16 febbraio 1907, poeta, scrittore, critico letterario, docente universitario, deputato e senatore del Regno d’Italia, Premio Nobel per la Letteratura nel 1906), Vittorio insegnò dal 1877 letteratura italiana nel Reale Collegio degli Angeli a Verona, fu traduttore di opere in lingue inglese e tedesca e collaborò ai giornali locali “L’Adige” e “L’Arena”.
Vicolo Sant’Apollonia, “vetrina” social?
Il proseguimento in via Santa Chiara delude per certi aspetti storico-popolari dimessi od abbandonati al loro decadente destino, come gli architravi e la saracinesca (ambedue malridotti) d’un esercizio attivo chissà quando diventati inerti obiettivi delle bombolette spray.
Rincuora lo stato di buona conservazione d’un affresco della Madonna col Bambino posto sulla facciata d’una casa che dà sulla via, certo non eccelso ma con pregiata cornice marmorea floreale con scritta latina sottostante: Nullus speravit in ea et confusus est, Nessuno ci sperava ed era confuso.
Il top del degrado in zona, però, riguarda una laterale di via Santa Chiara, vicolo Sant’Apollonia. Sui muri della stretta arteria, infatti, si sono sfogati un po’ tutti: graffitari, no vax, antifascisti, islamofobi, simpatizzanti delle nuove Brigate Rosse, anarchici ecc. Una sorta di “spazio libero” assurdamente tollerato a disposizione di chi voglia dir la sua, violento o meno che possa essere il “messaggio”. Giusto così?
Servizio e foto di
Claudio Beccalossi