Il punto sull’attualità e sul futuro di business e green.
Con inevitabile attenzione al dramma dell’Ucraina
Successo di espositori (ben 200), pubblico, “presenze attive” ed ospiti big per la prima edizione di LETExpo (Logistics Eco Transport Trade Show), promosso da ALIS (Italia in movimento) ed organizzato da ALIS Service (due facce della stessa medaglia dell’Associazione Logistica dell’Intermodalità Sostenibile presieduta da Guido Grimaldi) in collaborazione con Veronafiere, che ha efficacemente coniugato logistica, trasporti ed intermodalità sostenibile nel polo fieristico di viale del Lavoro, dal 16 al 19 marzo. Nell’ottica del business “di sistema”, più che “di settore”, improntato a consone soluzioni green, i quattro giorni d’opportunità informative e formative, incontri e dibattiti istituzionali si sono sviluppati sui 40mila metri quadri dei padiglioni 2 (workshops), 3 (ALIS per il sociale) e 4 (conferenze e talk).
Gli intensi programmi per ciascun ambito, con la partecipazione d’una nutrita serie di esponenti della politica, dell’amministrazione pubblica, dell’imprenditoria, del giornalismo, dello sport ecc., hanno avuto uno dei loro momenti clou venerdì, nel padiglione 4, dove si sono concentrati eventi di spicco toccati inevitabilmente dalle tragiche vicende belliche in Ucraina.
In proposito, Nunzia De Girolamo (ex ministro della Politiche agricole, alimentari e forestali, ex deputata ed ora giornalista e conduttrice televisiva, Benevento, 10 ottobre 1975), chiamata a moderare alcuni let’s talk, ha risposto a due nostre domande:
«Lei reputa opportuno e giusto inviare armi all’Ucraina, passando per altri Paesi ovviamente, per aiutarla nell’escalation dell’invasione Russa?».
«Il problema è che non abbiamo alternativa, nel senso che la guerra è una guerra e non si può combattere con delle rose. Dispiace perché ci sono civili, bambini, madri, esseri umani che stanno perdendo la vita in queste ore, perdendo le case, perdendo il futuro. Noi stiamo dando un segnale di forza come Europa, un’Europa unita che aiuta la parte più debole che, in questo caso, è l’Ucraina che combatte per la sua libertà e nient’altro. Noi speriamo comunque che si possa ancora arrivare ad una mediazione perché è chiaro che le armi come le bombe non sono mai la soluzione migliore».
«E l’art. 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ecc.”)?»
«Ho capito, però se noi facciamo tutto così poi diventa complicato essere presente e poter aiutare gli altri. Noi in questa situazione, non abbiamo alternativa. Siamo disponibili alla diplomazia ed al dialogo che, però, doveva essere fatto prima ed ora siamo, purtroppo, in una fase d’emergenza e non possiamo lasciar morire dei bambini».
Bruno Vespa, vecchio volpone del giornalismo italiano e della Rai (L’Aquila, 27 maggio 1944), ha a sua volta condotto let’s talk (rigorosamente separati) con Matteo Salvini (ex europarlamentare, ex vice premier, ex ministro dell’Interno, senatore e segretario federale della Lega, Milano, 9 marzo 1973) ed Enrico Letta (ex europarlamentare, ex presidente del Consiglio dei ministri, deputato e segretario del Partito democratico, Pisa, 20 agosto 1966).
L’intervento di Matteo Salvini
Vespa ha stimolato il primo così:
«Sai benissimo che se non avessero avuto le armi che abbiamo mandato anche noi Putin avrebbe già spianato tutta l’Ucraina, cioè ad uno che attacca devi opporre uno che si difende, non uno che contrattacca od uno che cerca di ritardare il più possibile. È vero che muoiono dei civili, ma se tu al tavolo della pace ci vai con una nazione che resiste hai un peso, se tu ci vai dopo che Putin s’è preso ogni angolo d’Ucraina la situazione è più complicata. Non trovi?»
«Sì. E quello che abbiamo fatto in Afghanistan con i talebani e poi, fuggendo, abbiamo lasciato 300mila armi in mano ai talebani? Quando dai un fucile in mano a qualcuno devi avere ben chiaro in testa che poi quel fucile non lo controlli più. Ripeto: qua c’è un popolo che si difende e va aiutato in ogni maniera possibile a difendersi, mi preoccupa la voglia di guerra da parte di qualcuno. Putin va fermato, senza se e senza ma. Se la soluzione alla minaccia nucleare è avvicinare la nostra minaccia nucleare ai confini della Russia, secondo me è una soluzione sbagliata».
Vespa: «T’aspettavi, dopo la Crimea e, soprattutto, Kabul, un Occidente così compatto e reattivo?» Salvini: «Per fortuna. Perché abbiamo perso anni. Un patto reattivo? Ovviamente i corridoi umanitari, il sostegno umanitario, l’aiuto militare vanno bene. Poi, parliamo di vita reale. Noi terminiamo l’intervista e torno in auto verso Milano e vado a prendere mia figlia a scuola. Quando parlo con altre mamme ed altri papà mi dicono “Salvini, la guerra va fermata, sicuramente, ma io per fare il pieno di benzina oggi ho pagato 2 euro e 40 il diesel, ho pagato 4 euro al chilo il pane, a me è arrivata una bolletta della luce e del gas che è più del doppio rispetto a quella dell’anno scorso!”. Quindi, la risposta europea, il sostegno all’Ucraina vanno bene, io, da italiano, m’aspetto e pretendo dall’Europa anche una risposta economica conseguente all’azione che stiamo facendo. Non possono esserci regole europee che condannano a morte migliaia di famiglie ed imprese italiane. Quindi, m’aspetto che anche economicamente nessuno rompa le scatole se il governo italiano vuole tagliare la accise sui carburanti perché altrimenti non funziona».
L’intervento di Enrico Letta
Dal canto suo, poi, Enrico Letta ha replicato ad una delle domande di Vespa:
«A fine agosto del 2013 il Parlamento britannico votò contro la mozione presentata dal governo di David Cameron per un intervento militare in Siria. Per la prima volta nella storia della Gran Bretagna il Parlamento negò l’autorizzazione ad intervenire. Da quel momento in poi ci fu la retromarcia degli Stati Uniti, della Francia e delle altre potenze nucleari e tutto si bloccò. Faccio questo ritorno a nove anni fa perché, da quel momento, è cominciato l’errore di percezione di Putin convinto che l’Occidente non avrebbe reagito. Invece è andata così. Lui si trova attorno dei collaboratori che non gli dicono la verità, che hanno paura di dirgli la verità e s’è mosso non avendo la percezione di quello che succedeva sul terreno. Non s’aspettava la reazione di Zelens’kyj e degli ucraini. Aggiungo che Zelens’kyj s’è dimostrato molto più moderno di Putin. Hai l’impressione d’avere davanti quello che si muove sui social media e quello che reagisce col fax. Cioè, due mondi, gli Anni Duemila ed il Novecento. Anche del modo con il quale questa guerra è stata portata avanti, da una parte una capacità di raccontare al mondo quello che stava capitando e dall’altra parte, invece, quello che successe nel 1956, nel 1968, con i carri armati che entrano dentro le città, che è la storia del Novecento che non funzionò allora e di certo non funziona oggi».
L’ideatore e conduttore di “Porta a Porta” ha pungolato il segretario del Partito Democratico sul bisogno di fonti energetiche, specie ora, con gli aumenti alle stelle:
«Le trivelle che non funzionano, il nucleare (con la conoscenza che ci siamo giocati). Ma perché non riusciamo, tra le tante fonti, diversificando al massimo, a riprendere le ricerche anche su questo punto?»
Letta: «La ricerca esiste, continua, va avanti con un’intensità ed una forza, in questi ultimi tempi rispetto alla quale dobbiamo tutti guardare. Ovviamente perché è un elemento che ha a che vedere con scelte del futuro sulle quali sarebbe miope non dare attenzione. Il tema di fondo qual è: è che tutte le metodologie che sono in funzione oggi sono scelte del passato delle quali si può discutere lungamente ma che ci sono state, che hanno tenuto fuori l’Italia. È evidente che l’Italia non è la Francia, la Francia ha fatto una scelta e si trova oggi in una situazione che non è quella dell’Italia. A parità di tecnologie esistenti è una situazione che non si cambia oggi. Quali sono le innovazioni che riguardano il futuro? Su questo la discussione dovrà essere su che tipo di innovazione e su come andranno. Lo dico con grande chiarezza: secondo me, la Francia ha fatto le sue scelte perché viene dal passato, noi abbiamo un passato diverso ed è inutile che facciamo dei ragionamenti oggi sul latte versato. Il discorso del futuro è quando ci saranno più evidenti i dati che ci dimostreranno delle cose che oggi ancora non sono sicure».
Servizio, video e foto di Claudio Beccalossi