Cari amici, care amiche, ci riporta nella “Vilafranca de ‘na olta” la storia di uno dei suoi ultimi “testimonial” quella di Galliano “avier, migrante e artista”. Galliano Bovo, classe 1921, è il secondo dei cinque maschi di Luciano e di Orsolina “Nina” Salaorni che prima avevano avuto Ottorino, e poi avranno Angelo, Adelino e Giuseppe. Nasce, come i suoi primi due fratelli, in Povegliano dove suo papà conduce dei campi presi in affitto. Quando, nel’25, suo padre cambia lavoro e va a scavare le gallerie della nuova ferrovia Firenze-Bologna e con tutta la famiglia si trasferisce in Baragazza di Castiglione dei Popoli è lì che Galliano frequenta le prime due classi delle elementari. Scuole che termina a Villafranca dove il papà nel frattempo è ritornato per causa degli invalidanti postumi di una polmonite e dove perlomeno gli fanno ottenere una licenza di ambulante di generi alimentari. Galliano non ha ancora 14 anni quando viene assunto come apprendista nelle Officine Meccaniche dei Fratelli Ortombina, che avevano ottenuto una grossa commessa dalla Sanità Militare, e ben presto si mette in luce per la sua capacità nell’apprendere e la straordinaria manualità. Impara a saldare e ad usare non solo il tornio ma tutte le macchine dell’officina tanto che l’anno dopo lo inquadrano come operaio e gli danno un apprendista che ha due anni più di lui. Nel ’40, non appena compiuto 18 anni, attratto dalla propaganda e dall’esempio del fratello maggiore che è andato volontario in Libia, in piena guerra fa domanda per arruolarsi volontario nell’Aeronautica Militare. Si ritrova così dopo sei mesi di corso a Firenze, in forza come autista all’Aeroporto Militare di Vicenza. Non si trova bene per cui non appena vi è la richiesta di autisti per dare il cambio a quelli che sono in Russia si segnala e parte. Quando arriva all’aeroporto di Stalin il previsto turno di sei mesi viene di fatto annullato dalla brutta piega che ha preso l’intera campagna. Dopo i primi quattro mesi di costante avanzata il fronte non solo si era fermato ma ha cominciato ad arretrare. La sua colonna di camion stracarichi di attrezzature e carburanti tra bombardamenti e combattimenti, viaggiando quasi sempre di notte e su strade ghiacciate, riesce finalmente ad arrivare ad Odessa dove viene caricata su convogli ferroviari e fatta rientrare in Italia. Non i soldati però che vengono fatti scendere nella zona di Postumia per il previsto periodo di 30 giorni di quarantena. Dopo ben 14 mesi dall’arrivo in Russia a Galliano viene concessa una breve licenza per tornare in famiglia dove arriva il giorno di San Pietro del ’42. Finita la licenza torna in servizio prima a Padova e poi all’aeroporto militare di Vicenza dove lo coglie il fatidico 8 settembre del ’43. Scade di domenica nel giorno in cui si festeggia la Madonna di Monte Berico. Galliano quel pomeriggio è al cinema quando all’improvviso si interrompe la proiezione si accendono le luci ed un Ufficiale accompagnato dalla Ronda intima a tutti i militari presenti di fare immediato ritorno nella propria caserma. Il giorno dopo nell’incertezza generale e vista la brutta piega che stanno prendendo le cose avuta notizia che erano incominciate le deportazioni Galliano procuratosi abiti civili da un suo zio che abita nelle vicinanze attraverso la campagna torna a casa a piedi. Non vi può restare però e così va a nascondersi nella casa di campagna di un parente in, Val Molini di Custoza. Le Brigate Nere ed i tedeschi però sono sulle sue tracce, su di lui pende un mandato di cattura per diserzione e per di più i suoi sono minacciati di rappresaglia ed è così che Galliano decide di costituirsi. Per i buoni uffici del professore di tedesco Tullio Olivetti, traduttore ufficiale delle truppe di occupazione, amico fraterno e compagno di scuola di suo fratello Ottorino, riesce in qualche modo a giustificare l’assenza ed è assegnato ai sevizi antincendio dell’aeroporto militare di Villafranca dove rimane fino alla fine del conflitto. Surreale è la situazione ai primi tempi della fine della guerra bellica. In paese non si trova alcun lavoro soprattutto per i giovani che sono costretti a vivere a totale carico della famiglia. Galliano non ci sta e il primo aprile del ’49, con in tasca un falso contratto di assunzione, si imbarca sulla nave “Sestriere” destinazione Argentina. Dopo 27 giorni di navigazione sbarca a Buenos Aires dove già il giorno dopo trova lavoro in una fabbrica di tappi di sughero di proprietà di ex emigrati italiani. Nel tempo libero studia e prende la licenza per fare l’idraulico e gli impianti del gas e così dopo meno di un anno apre una sua attività. Gli affari gli girano immediatamente e così decide di metter su famiglia. Data la distanza si sposa “per procura” con la sua “morosa” Elda Carla Lorenzi (più nota in paese con il cognome materno, la Carla Renica) che lo raggiunge in Argentina non appena compiuta la maggiore età (18 anni) e giusto un anno dopo la partenza di Galliano dall’Italia. Insieme a lei arriva a Buenos Aires anche suo fratello Giuseppe col quale forma subito una indissolubile società. Le cose stanno andando per il meglio, sono arrivati due figli, Luciano ed Anna Maria quando nel ’58 gli arriva la preoccupante notizia che il papà sta morendo. Galliano prende l’aereo e torna in Italia appena in tempo per raccogliere le sue ultime parole <adesso che ti ho visto posso andarmene in pace>. Tornato in Argentina Galliano riprende la sua attività ma quando nel ’60 si ammala anche la mamma, visto che anche qui si sono aperte buone opportunità, d’accordo col fratello, vende tutto e rientra in Villafranca. Durante il viaggio di ritorno la nave effettua uno scalo in Portogallo dove Galliano con la famiglia è ricevuto per un saluto nientemeno che da Re Umberto II lì in esilio A Villafranca poi non fatica certo a trovare clienti per un lavoro che lui ed il fratello sanno fare alla perfezione ed al giusto prezzo. Anni di soddisfacente lavoro, allietati anche dall’arrivo del terzogenito Giorgio (che dopo il nonno Luciano e lo zio Angelo è oggi la terza generazione che porta avanti lo Storico Alimentari Bovo di via Custoza). E poi impianti su impianti sino alla pensione quando, quasi per caso, riprende una sua vecchia passione, il modellismo. In quinta elementare aveva già portato a scuola un modellino del “fascio” così bello che la maestra non voleva credere che lo avesse fatto lui e che comunque si prese. Nel 2013 Galliano si rompe il femore. Dopo le cure del caso sta per essere dimesso dal Reparto Ortopedia proprio mentre il personale stà allestendo il presepio. Hanno già comprato tutto ma si accorgono che manca la culla per il bambinello. Una infermiera che ben conosce la sua passione di “miniaturista” gli dice <perché non ce la fai tu e già che ci sei fai anche un castelletto per re Erode>. Preso l’impegno Galliano torna a casa e nonostante la forzata immobilità si mette all’opera. Per la culla non ci impiega molto, per il castello decide di fare al Reparto una vera e propria sorpresa, gli fa, in scala 1:40, la copia esatta del Mastio del nostro Castello. Copia così bella che appena il giorno dopo che gliela consegna assurge agli onori delle cronache locali e della televisione. Nel titolo ho scritto ”e artista” perché i suoi modellini sono vere e proprie opere d’arte, rigorosamente in scala e curate nei dettagli in maniere maniacale a partire dal numero di finestre, scale e scalini. Con gesso, piombo, rame, latta e colori ha realizzato anche i modellini del Duomo, della Pieve di San Rocco, del monumento del Quadrato ma non solo anche di una cucina economica a legna con tanto di cerchi ed attrezzi, di un aereo e finanche di un appartamento con tanto di impianto di riscaldamento “funzionante” sicuramente il più piccolo del mondo. “L’era la Vilafranca de ‘na olta quando el laoro se nol g’era bisognaa andar a sercarselo”. <”E anca lontan>” conclude con commosso ricordo il nostro Galliano fresco del suo 98° compleanno.
Alla prossima
Rico Bresaola