La tragica vicenda è nota (e già ripercorsa da questa testata online nella rubrica “Verona ricorda…” il 14 novembre scorso). Tra le ore 8:10 e le 8:40 del 14 novembre 1915 tre aerei Etrich Tauber (taube in tedesco, colomba in italiano) fecero la loro comparsa sul cielo sopra Verona.
Erano dei modelli di monoplano monomotore da bombardiere, da caccia, da ricognizione e d’addestramento realizzati nel 1910 dall’aviatore ed ingegnere austro-ungarico poi austriaco Ignaz “Igo” Etrich (Ober Altstadt, 25 dicembre 1879 – Salisburgo, 4 febbraio 1967) ed utilizzati soprattutto dalla dapprima Fliegertruppen des deutschen Kaiserreiches (Truppe aeree dell’Impero del Kaiser tedesco) o semplicemente Die Fliegertruppen fino all’ottobre 1916 e, poi, Luftstreitkräfte (Forze aeree), elemento aereo del Deutsches Heer, l’esercito dell’Impero tedesco nel corso della Prima guerra mondiale, noto anche come Reichsheer (Esercito nazionale), Kaiserliches Heer (Esercito imperiale), Kaiserreichsheer (Esercito dell’Impero tedesco).
Gli aerei lasciarono cadere delle bombe su piazza Erbe che causarono, tra subito e nei giorni successivi, un totale di 37 morti e 48 feriti. Il giornale “Arena” promosse una sottoscrizione per aiutare economicamente le famiglie delle vittime e per erigere un monumento in memoria del fatto cruento.
La statua bronzea (battezzata “La Civiltà Italica”) su un basamento di marmo venne realizzata dallo scultore Egidio Girelli (Sommacampagna, 4 gennaio 1878 – Verona, 30 aprile 1972) ed inaugurata il 14 novembre 1920 (al secondo anniversario) sul luogo di piazza Erbe teatro dell’eccidio, diventato piazzetta XIV Novembre.
Le epigrafi sintetizzano: Qui nemico velivolo su placida vita d’inermi tra luci d’arte e di storia piovve barbaro fuoco. Compiuto l’eccidio XIV novembre MCMXV. Dedicato il bronzo XIV novembre MCMXX. Dal luogo sacro la Civiltà Italica arra di libertà e giustizia tende la spada.
Il dietro le quinte della scultura è meno conosciuto. Girelli, per la figura femminile, non s’ispirò alla fantasia d’artista od a modelli greco-romani ma ad una formosa donna in carne ed ossa, con tanto di seno nudo in mostra (non a caso, nel passato, la statua era chiamata dai veronesi de soca la tetona).
Si trattava di Maria Mazzi, una delle più avvenenti ragazze di Verona, nata nel 1903 in una famiglia che s’era trasferita da Lugagnano in via delle Fogge. Oltre a lei, anche le sei sorelle vantavano bellezze non comuni. Il padre era Giovanni Battista Mazzi, nato a Sona nel 1859 e morto in città nel 1933. La madre si chiamava Adelaide Sommariva, venuta al mondo ad Alano di Piave (Belluno) nel 1865 e scomparsa a Verona nel 1946.
Nella foto: Maria Mazzi
Giovanni Battista ed Adelaide ebbero ben nove figli: appunto le sette femmine e due maschi, Angelo e Mario. Quest’ultimo (nato a Sona nel 1902 e morto a Verona nel 1979) fu professore di violoncello al Teatro “Filarmonico” ed amico del chitarrista spagnolo Andrés Segovia Torres (Linares, 21 febbraio 1893 – Madrid, 3 giugno 1987). Le sette sorelle, corteggiate ed invidiate per il loro fascino, erano Italia, Celestina, Rosa, Teresa, Clementina, appunto Maria (prescelta quale modella per “La Civiltà Italica”, forse perché la più bella) e Carla.
Di Carla Mazzi si sa che, col supporto economico della sorella Rosa, s’accaparrò il ristorante “Tre Corone” (oggi “Vittorio Emanuele”) sul Liston, in piazza Bra. E che fu grande affezionata del soprano Maria Callas (al secolo Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos, New York, 2 o 3 o 4 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977) con cui passava notti in bianco giocando a carte.
Nella foto: Carla Mazzi con Maria Callas
Lo scultore Girelli ebbe indubbiamente il palato fine nel preferire Maria Mazzi per la fiera donna bronzea che punta una spada al cielo da dove arrivarono le bombe assassine. Un’opera apprezzata ed ammirata da sempre da veronesi e non, d’accusa e di rievocazione, con un pizzico di malizia d’altri tempi…
Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi