Il Covid, almeno per il momento, è archiviato, ma non si può dire altrettanto delle vecchie cattive tendenze del nostro sistema produttivo che spesso vede accompagnare la ripresa dell’occupazione con dei drammatici picchi di infortuni sul lavoro.
I dati Inail aggiornati al 30 Aprile 2022 rivelano che “le denunce di infortunio sul lavoro presentate entro lo scorso mese di aprile sono state 254.493, in aumento del 48,1% rispetto alle 171.870 del primo quadrimestre del 2021”.
In Veneto la tendenza è la stessa: +44,7%, dalle 21.289 denunce dei primi quattro mesi del 2021 alle 30.816 dello stesso periodo del 2022.
Più contenuto l’aumento registrato nel veronese: +28,4%, da 4.380 denunce del periodo gennaio-aprile 2022 alle 5.624 dello stesso periodo del 2022, ma bisogna sempre ricordare che la nostra provincia parte da livelli superiori rispetto alle altre province venete.
A fare le spese di questa recrudescenza del fenomeno infortunistico sono soprattutto le donne: “L’aumento che emerge dal confronto di periodo tra il 2022 e il 2021 è legato sia alla componente femminile, che registra un +72,1% (da 67.155 a 115.567 denunce), sia a quella maschile, che presenta un +32,7% (da 104.715 a 138.926)” continua l’analisi dell’Inail per quanto riguarda il livello nazionale.
Nel Veneto gli infortuni femminili sono passati da 7.662 del periodo gennaio-aprile 2021 ai 13.724 dello stesso periodo del 2022 con un aumento percentuale del +79,12% contro un aumento del 25,4% degli infortuni maschili, passati nel periodo di riferimento da 13.627 a 17.092.
Purtroppo non sono disponibili i dati disaggregati a livello provinciale ma la situazione è già abbastanza chiara: dopo essere state espulse in massa dal mercato del lavoro durante la pandemia, le donne vengono ora riassorbite ma in regime di scarsa sicurezza.
I bollettini di Veneto Lavoro indicano infatti che “Le assunzioni, complessivamente 56.200 ad aprile e 208.600 da inizio anno, segnano nell’ultimo mese un aumento del 68% rispetto al 2021 e sono quasi quattro volte quelle registrate nel 2020, con una crescita più sostenuta per le donne e i giovani”. L’Agenzia regionale rileva anche che la maggior parte dei nuovi posti creati sono a tempo determinato a precari.
Bisogna lavorare per rompere questo legame perverso, che non ha nulla di naturale, tra l’aumento dell’occupazione e l’aumento degli infortuni sul lavoro. Luoghi di lavoro a zero infortuni non sono una utopia, ma si costruiscono con la stabilizzazione del lavoro; con la formazione dei lavoratori e anche delle imprese; con un confronto costante e non unidirezionale all’interno delle aziende; con un progetto imprenditoriale capace di stare sul mercato per l’innovatività delle produzioni e non solo per l’abbattimento dei costi di lavoro. Un modello molto diverso da quello che spesso viene proposto anche ai giovani lavoratori e alle giovani lavoratrici specie nel mondo dei servizi e del turismo.