Il tratto di collegamento viario e pedonale tra ponte Nuovo/piazza San Tomaso e piazza Enrico Bernardi/via Nazario Sauro/via Giardino Giusti (che passa attraverso Interrato dell’Acqua Morta) mostra interessanti aspetti urbano-tradizionali.
Richiami ad antiche glorie architettoniche, alcune ben conservate ed altre alquanto in decadenza od in restauro, ad esercizi in malinconica dismissione (come i classici negozi sottocasa del recente passato, sopraffatti dai centri commerciali), a sopravvissute attività dalle caratteristiche insegne originali. Schegge di passato chiuse (ed in improbabili offerte d’affitto o di vendita) e resistenti alle tentazioni di piantare baracca e burattini per scarsa clientela.
Su tutto, poi, agisce come una piaga d’Egitto il consueto vandalismo graffitaro, espressione d’un inutile ma evidentemente irrefrenabile teppismo da strada.
Il Palazzo dell’Eternità avviato abusivamente
Il primo segmento di via Giosuè Carducci, da piazza San Tomaso all’Interrato dell’Acqua Morta, nella parrocchia di San Tomaso Becket (o di San Tomaso Cantuariense), è attraente, elegante, curato.
Presenta edifici signorili risalenti soprattutto ai secoli XVIII e XIX.
Al civico 17 Giuseppe e Pietro Zigiotti fecero edificare il Palazzo dell’Eternità, su progetto d’influenza sanmicheliana dell’architetto Francesco Ronzani, iniziato abusivamente nel 1826. La Commissione d’ornato (incaricata di fornire pareri in linea d’arte e d’interesse pubblico sui piani regolatori edilizi, d’ampliamento e d’abbellimento d’una città e delle sue attinenze, sui progetti di nuovi stabili e di rifacimento o ristrutturazione di immobili), nel 1831, reclamò il disegno poi autorizzato in ottobre.
“Il prospetto (…) si articola in tre registri ritmati nei piani superiori da coppie di lesene, che pausano gli intercolumni, studiate nel rispetto della gerarchia degli ordini, dorico al piano nobile e ionico al secondo. Nella mezzeria si apre il portone d’accesso ad arco ribassato, sormontato dal balcone balaustrato con figure alate poggianti sugli estradossi dell’arco. Interessante è la soluzione di dotare di ammezzato i piani primo e secondo, distinti da un vigoroso fregio undato, che percorre l’intero fronte” (da “Case e palazzi di Verona asburgica. Percorso alla scoperta dell’architettura ottocentesca del centro storico”, Maristella Vecchiato, 1° aprile 2015. Fondazione “Toniolo”, https://www.corsi.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid600001.pdf – https://www.corsi.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid905509.doc).
Palazzo Giusti Cristani ed il suo “giardino dei misteri”
La seconda parte di via Carducci, dopo Interrato dell’Acqua Morta, pare la… “figlia illegittima” dell’altra. Si passa da architetture nobili con studi di professionisti al popolaresco in… crisi d’identità.
Le vecchie scritte esterne d’un tempo (farmacia, trattoria bar “al Coccodrillo” con alloggio”, “vino” di un’osteria) conservano il loro fascino, assieme alla lavorazione artigianale in ferro battuto di certi accessi ad esercizi. Ben poco poetici, invece, sono gli schizzacci multicolori su portoni metallici d’ingresso dal marciapiede, muri, vetrate, saracinesche, segnali stradali.
I ponteggi all’esterno del civico 41 dimostrano l’avverarsi sospirato del restauro o, perlomeno, di lavori di manutenzione dello storico Palazzo Giusti Cristani, la cui facciata potrebbe essere opera dell’architetto ed urbanista Michele Sanmicheli.
Rimasto disabitato e nell’abbandono a lungo, presenta sul massiccio portale una grande testa di diavolo (o di Bacco secondo diversa versione) con altre sembianze demoniache di minori dimensioni al centro delle finestre superiori.
Sanate problematiche di tipo ereditario che hanno impedito usi e considerazioni privati e pubblici del palazzo, gli interventi in atto dovrebbero consentire il pieno e dovuto utilizzo delle sue potenzialità storico-monumentali risalenti ai secoli XVI-XVII. Una valorizzazione che riguarderebbe anche il “giardino dei misteri” interno visto e goduto ben poco finora, a parte che dai membri e dagli ospiti dell’Associazione culturale “Barbacàn” (declinazione dialettale veronese del termine tecnico barbacane, cioè qualsiasi struttura di rinforzo a costruzioni), costituitasi nel maggio 2018, che si sono dedicati per un certo periodo alla rivitalizzazione dell’area verde lasciata a se stessa.
È raggiungibile dall’atrio contrassegnato dalla grande C (iniziale dei Cristani, l’ultima famiglia proprietaria) sul pavimento. Accoglie abeti, nespoli del Giappone, un pitosforo, gelsi, questi ultimi accanto ad un edificio che fu una filanda. Tutto, palazzo e giardino, ancora avvolto nel silenzio, quasi nel fiato sospeso, in attesa d‘uscire, finalmente, dal suo destino d’incuria e dalle voci sibilanti incantesimo o stregoneria.
Ulteriori scorci della strada riguardano vari esercizi drasticamente chiusi. E la prova di resistenza d’una macelleria equina che propone “carne salata fatta in via Carducci”. Un prodotto gastronomico locale da… marchio Dop (Denominazione d’origine protetta)?
Servizio e foto di Claudio Beccalossi