Nella selva ai bordi estremi della città, al cospetto d’un cadente edificio, con chissà quale retaggio, nascosto alla curiosità dei più (ma ben noto al vandalismo dei meno), tra rigogliosa vegetazione ed abbondanza di piante di susino e di rosmarino.
È qui, a sinistra rispetto all’ingresso a Forte “Azzano” (nucleo difensivo austroungarico datato 1861 ed originariamente denominato “Werk Neu Wratislaw”, raggiungibile da una diramazione di strada La Rizza ed oggi parzialmente utilizzato quale base operativa della Protezione civile), che si nasconde una micro-area lasciata al suo degradante destino d’abbandono.
Se la pacchiana vergogna pubblica (anche con riferimento a presenze di “abitanti” abusivi all’interno d’una miserabile catapecchia) dell’altra superficie, a destra (sempre rispetto al cancello che immette al piazzale esterno del forte), è stata finalmente risolta di recente dagli organi preposti (come ampiamente documentato da “Il Giornale dei Veronesi”, https://ilgiornaledeiveronesi.it/rubriche/laltra-verona/laltra-verona-inverosimile-squallore-forse-con-esistenze-allo-sbando/ – https://ilgiornaledeiveronesi.it/rubriche/laltra-verona/eliminata-la-squallida-discarica-allingresso-di-forte-azzano/), non lo è altrettanto per il dimenticato, vicino abituro diroccato e le sue pertinenze, con “frattaglie”, non solo edilizie, disperse.
Parzialmente crollato e minacciosamente instabile (soprattutto nel perimetro dei tetti superstiti, con tegole in bilico pronte a staccarsi come tante altre finite in frantumi a terra), ha parziali recinzioni (divelte od aperte) ed entrate libere da altrove. Una porta, prima murata, è stata abbattuta da chissà chi voleva mettere lo zampino in quella bolgia di rovina.
Per fortuna, termine eufemistico, ci ha pensato la natura stessa a nascondere tutto in un manto di verde dominante, fregandosene di uomini (ed organismi pubblici) che avrebbero dovuto, per mission, preservare, se nel caso, o fare tabula rasa, se necessario.
L’ammasso pericolante sopravvive per spontaneo accanimento terapeutico ma che, a conti fatti, è rischioso per la sicurezza di qualcuno più sprovveduto di altri che vi s’introduca a ficcare il naso (non ci sono cartelli ammonitori di “divieto d’accesso” o di “pericolo di crollo”) e per la tutela ambientale del luogo, tutto sommato suggestivo. Luogo da recuperare e valorizzare secondo opportune e lungimiranti progettualità, magari sociali…
Servizio, foto e video di
Claudio Beccalossi