Da Verona al lavoro coatto nel Lager Itzling di Salisburgo.
E la lunga fuga a piedi per scampare alle eliminazioni
Il Giorno della Memoria mi coinvolge emotivamente, sull’onda di quanto vissuto da mio padre Luigi (Brescia, 22 marzo 1921 – Verona, 10 gennaio 1993), costretto a partire per ordine dei nazifascisti come lavoratore coatto da Verona a Salisburgo (nell’Austria dopo l’Anschluss, Annessione, al Reich tedesco), nel Lager Itzling, dove sgobbò fino alla sua fuga per sottrarsi a temute esecuzioni di massa.
Riuscii a ricostruire a grandi linee la sua vicenda partendo delle scarse informazioni che mi diede, aggiungendo poi la personale ricerca sulla permanenza nel Lager e quanto ottenuto dall’allora Internationaler Suchdienst o International Tracing Service della Croce Rossa di Bad Arolsen, in Germania, oggi Arolsen Archives, Archivi di Arolsen (nel suo poderoso schedario il caso riguardante Luigi Beccalossi, inserito nel 1983, è il n. 1.100.649 ed annovera 12 documenti).
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![](https://ilgiornaledeiveronesi.it/wp-content/uploads/2024/01/13-La-seconda-missiva-del-20-giugno-1983-sempre-dallInternationaler-Suchdienst-della-Croce-Rossa-di-Bad-Arolsen-724x1024.jpg)
L’internamento venne propiziato dalla dichiarazione d’idoneità al servizio militare dopo ben quattro visite mediche negative a cui fu sottoposto. Per evitare il fronte, allora, non gli restò che tentare la carta dei disturbi alla vista che accusava. Rimase 7-8 giorni all’ospedale militare di Verona tornando a casa la sera (abitava con i genitori Angelo e Maria ed il fratello Severino in via Valverde, indirizzo anche del suo laboratorio da sarto).
Ottenuto l’esonero dal portare la divisa, venne presto convocato dai nazifascisti al comando di via XX Settembre dove fu pressato perché partisse subito come lavoratore coatto in conseguenza della sua inabilità al servizio militare. Il 19 o 20 marzo 1944 salì su un treno alla stazione di Porta Nuova verso Treviso, luogo di concentramento dei destinati al lavoro obbligatorio in Germania. Il convoglio riprese la sua marcia e si fermò pure a Tarvisio ed a Klagenfurt am Wörthersee “per mangiare una zuppa di rape e del pane nero”.
Cambiato treno, mio padre scese col resto del convoglio a Salisburgo e tutti furono condotti nel Lager Itzling affollato di provenienti da varie nazioni. Itzling, dal nome del vecchio quartiere a nord della città composto da Gleisdreieck (Osten), Itzling Mitte, Wasserfeld e Austraßensiedlung (Westen). Nel Lager, certo anche per la sua professione di sarto, trovò assegnazione alla fabbrica d’abbigliamento pesante per soldati “Frauscher Sepp”, in cui ogni mattina dovette recarsi per rientrare la sera.
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Di quello che successe in seguito nel suo periodo d’esistenza nel Lager Itzling e presso la “Frauscher Sepp” so solo notizie frammentarie date da brandelli rievocativi e da una mia ricerca effettuata nel 1983 per fargli riconoscere a fini pensionistici l’anno e passa lavorativo a Salisburgo.
Allo scopo avevo interpellato l’Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti con sede in via Cattaneo, a Verona ed il già menzionato centro internazionale di Bad Arolsen. Quest’ultimo era riuscito ad ottenere da specifici uffici amministrativi di Salisburgo un documento che confermava ufficialmente il lavoro di mio padre presso la “Frauscher Sepp” dal 24 marzo 1944 al 2 maggio 1945, compresi due periodi di malattia (dal 21.04.1944 al 27.05.1944 e dal 31.12.1944 all’8.01.1945). Chissà quali problemi di salute patì, lui che mi sottolineò la fame sofferta nel Lager, appena alleviata dal vitto scarso e disgustoso!
Il certificato menzionava date diverse (anche se per pochi giorni) da quelle legate alla memoria di mio padre e contenute nelle mie annotazioni. A complicar ancor più il “valzer” di tempi in parziale disaccordo tra loro si sono messe pure poche righe scritte su un foglio da Luigi: “internato in Germania Lager Itzling (Salisburgo) dal 20 Marzo 944 al 15 Aprile 945”.
Mio padre fuggì con altri dal Lager per la paura di eliminazioni dei lavoratori forzati da parte dei guardiani del campo, ormai consapevoli del crollo della Germania hitleriana. Fece ritorno a Verona dopo giorni di percorso a piedi, nell’ansia d’essere ripreso ed ammazzato sul posto dalle forze naziste in ritirata da sud.
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Nel dopoguerra ebbe a lungo incubi notturni per i bombardamenti da lui vissuti a Salisburgo. E certo solo la conoscenza (e probabilmente qualcosa di più) con un’anonima ragazza del posto, che lo invitava spesso a casa e gli dava da mangiare, gli permise di sopravvivere agli stenti.
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Le circostanze del suo internamento a Salisburgo lo segnarono indubbiamente più di quanto lui dimostrasse accennandone solo su stimolo e mai spontaneamente. Ne parlava a fatica, con una sorta di malinconia e, forse, solo mia madre Delmina ebbe le sue reali, intime confidenze su quel cupo periodo di dura imposizione lavorativa.
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Luigi Beccalossi poco tempo prima della sua scomparsa
Il mio percorso a ritroso è risultato, purtroppo, parziale. Nemmeno una mia permanenza a Salisburgo servì a reperire ulteriori elementi rispetto alle succinte esposizioni fattemi ed all’attestazione acquisita, a parte l’individuazione d’un certo locale ricordato come Peterskeller o Petersstube, talvolta frequentato da mio padre durante il suo… “soggiorno obbligato” nelle grinfie naziste. Si trattava della Stiftskeller St. Peter, “Cantina dell’Abbazia di San Pietro”, da me rintracciata in Sankt-Peter-Bezirk 1/4. Conferma, comunque, di quanto avaramente emerso sulle traversie di mio padre, in questo riaffacciarsi nella morale collettiva del Giorno della Memoria. Perché la fiamma della stessa memoria venga continuamente alimentata nel suo viaggio tra generazioni…
Servizio di Claudio Beccalossi
Le mie ricerche riguardanti il periodo d’internamento da Verona di mio padre Luigi nel Lager Itzling hanno ottenuto un risultato di rispetto istituzionale quasi insperato.
Presentata nel 2022 la documentazione raccolta all’Ufficio Territoriale del Governo a Verona che l’ha poi girata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Comitato per la concessione d’una Medaglia d’Onore ai cittadini italiani deportati e internati nei Lager nazisti, art. 1, commi 1271-1276, legge n. 296 del 2006), con una lettera datata 16 gennaio 2023, firmata dal prefetto Demetrio Martino ed allegata ad un’e-mail dell’Ufficio di Gabinetto della Prefettura, sono stato invitato alla cerimonia del 26 gennaio p. v. per il Giorno della Memoria dove mi verrà consegnata la Medaglia d’Onore concessa dal Presidente della Repubblica alla memoria di Luigi Beccalossi. (c. b.)