- Il lungo viaggio aereo da Milano a Mosca a causa delle sanzioni
- 10 ore d’attesa per il cambio a Dubai ed il successivo decollo dalla capitale russa per Rostov sul Don
- L’incontro con “i sanguinari Kadyrovtsy ceceni”
Servizio, foto e video di Claudio Beccalossi
La premessa
Ficcare il naso sull’altra faccia della medaglia del conflitto tra Russia ed Ucraina. Ovvero, dar retta anche all’interpretazione russa dopo mesi di martellante, corale comunicazione esclusivamente ucraina dove le voci dissidenti o solo fuori dal coro sono censurate se non punite con implacabile fervore. Tempi oscuri, quelli attuali, per l’informazione libera e la verità super partes…
Ho accettato la proposta pervenutami da referenti dei ministeri degli Affari esteri e della Difesa della Federazione Russa proprio per dare un’occhiata diretta al meccanismo d’invasione deciso da Vladimir Vladimirovič Putin. O, almeno, far la radice quadrata di quanto mi sarebbe stato concesso vedere durante il press tour (ovviamente su un itinerario “precotto”, organizzato da militari russi e senza concessioni alternative per “motivi di protezione personale”) con dichiarata piena facoltà di registrare video e scattare foto (ma non ai volti dei soldati) e di pubblicare il materiale raccolto “senza alcuna pressione né ordine specifico da parte russa”.
Artiom, dipendente civile del ministero della Difesa russo e trait-d’union a Mosca, durante i nostri contatti organizzativi tramite Telegram, m’ha raccomandato: “Pubblicazioni oggettive ed oneste. Capire che è una vera guerra, alcuni oggetti e punti sono vietati da visitare e non possiamo farci nulla. Durante la permanenza in Donbass sii educato con i militari che t’accompagnano e segui le loro istruzioni (sono misure di sicurezza, gli ucraini sono davvero alla ricerca di gruppi di giornalisti stranieri da bombardare. Non è propaganda. È vero.)”.
Inviatimi l’assicurazione e l’invito ufficiale come giornalista, il 24 agosto 2022 mi sono recato al Centro Visti per la Russia in via Dalmazia 16/b, a Roma, ottenendo in breve il visa for Russian Federation, “lasciapassare” verso Mosca. Quindi, ricevuto il biglietto aereo Milano/Malpensa-Dubai-Mosca (dato che non ci sono collegamenti diretti tra l’Italia e la Russia a causa delle sanzioni), alle ore 22:20 del 27 agosto mi sono imbarcato assieme al collega Andrea Torresani (direttore responsabile de “Il Corriere della Riviera” di Garda) sul volo Emirates Airlines dopo aver eseguito un tampone molecolare rinofaringeo per il Covid-19 in aeroporto, necessario per accedere alla compagnia aerea degli Emirati Arabi Uniti.
Il cambio d’aereo a Dubai
La permanenza a Dubai per il cambio d’aereo è durata circa 10 ore (dalle 06:25 alla 16:15 del 28 agosto). L’approfittare dell’occasione per una puntatina mordi e fuggi al centro della moderna città del Paese nel sud-est del golfo Persico, è stato quasi un atto dovuto.









Palazzi imponenti, moschee con i loro minareti, centri commerciali di lusso, lo sfavillio al sole del famoso Burj Khalifa (Torre del Califfo), prima conosciuto come Burj Dubai (Torre di Dubai), il grattacielo più alto al mondo con i suoi 829,80 metri alla guglia/antenna. Voluta dallo sceicco Maktūm bin Rāshid Āl Maktūm (al-Shindagha, Dubai, 15 agosto 1943 – Gold Coast, Queensland, Australia, 4 gennaio 2006), emiro di Dubai dal 1990, primo ministro e vice presidente degli Emirati Arabi Uniti dal 1971 al 2004, presidente ad interim per due soli giorni, dal 2 al 3 novembre 2004, la sua costruzione iniziò il 21 settembre 2004, si concluse il 1° ottobre 2009 e fu ufficialmente aperta al pubblico il 4 gennaio 2010.








La megastruttura si compone di 160 piani più 2 sotterranei ed è dedicata all’emiro di Abu Dhabi dal 2004 Khalīfa bin Zāyed Āl Nahyān (al-Ayn, 25 gennaio 1948 – Abu Dhabi, 13 maggio 2022), presidente degli Emirati Arabi Uniti dal 3 novembre 2004 fino alla sua morte.




Il tragitto aereo da Dubai (partenza alle ore 16:15) a Mosca (arrivo alle ore 20:30) ha permesso il fatidico incontro col “misterioso” interlocutore del ministero della Difesa, Artiom (corpulento e cordiale), che ci ha accompagnato all’Hotel Holiday Inn per riposare in vista del volo del mattino dopo a Rostov sul Don/Rostov-na-Donu, “anticamera” del Donbass, delle repubbliche popolari separatiste filorusse di Doneck (in russo) / Donec’k (in ucraino), genericamente citata come Donetsk e Lugansk (in russo) / Luhans’k (in ucraino) e dei territori ucraini occupati dalle forze armate russe in seguito all’offensiva iniziata il 24 febbraio scorso.
Il trasferimento a Rostov sul Don
Al mattino del 29 agosto, Artiom è venuto in hotel per condurci in taxi all’esterno del ministero della Difesa, dove un pullman aspettava i vari rappresentanti dell’informazione invitati al press tour. Giornalisti della carta stampata e soprattutto televisivi, con i loro operatori, per la maggior parte russi, ma pure danesi, francesi, cinesi, tedeschi. E due italiani, Andrea ed io…


Affidati alle direttive di militari in borghese (uno dei quali un colonnello), ci hanno condotto in un isolato aeroporto militare da dove, alle ore 10:20, abbiamo decollato per Rostov sul Don, atterrandovi alle 13:35.



















Dopo l’iter dell’assegnazione delle camere al Marins Park Hotel, ci siamo dati appuntamento per il viaggio in pullman oltre confine al giorno successivo, 30 agosto, alle 4:20, ora antelucana per circolare con più sicurezza in zone a rischio.


C’è stato tempo, quindi, per gironzolare a Rostov sul Don, “porta del Caucaso”, patria storica dei cosacchi, riverita dal fiume Don (dove la città ha un porto fluviale) che poi sfocia nel golfo di Taganrog, nel mar d’Azov.











E per constatare il permanere di maestosi monumenti dedicati a Lenin (pseudonimo di Vladimir Il’ič Ul’janov, Simbirsk, oggi Ul’janovsk, 22 aprile 1870 del calendario giuliano – Gorki, 21 gennaio 1924) ed alla “Rivoluzione d’ottobre” (parte conclusiva della Rivoluzione russa iniziata nel febbraio 1917 del calendario giuliano che causò la fine dell’impero russo e l’avvento della Russia sovietica).








Un’altra evidenza è balzata agli occhi, nonostante le versioni pseudo informative occidentali di “fuga dalla Russia quale adesione alle sanzioni”.
Il proseguimento dell’attività di esercizi di fast food tipicamente yankee, come il KFC (Kentucky Fried Chicken, pollo fritto del Kentucky), catena statunitense del Gruppo Yum! Brands, Inc. con sede principale a Louisville (Kentucky, Usa).

E come Burger King del Gruppo 3G Capital, a sua volta con sede principale a Miami (Florida, Usa).

Business is business (gli affari sono affari) avrà detto chi se ne impipa degli ordini di scuderia ad andarsene e ride della bufala del loro ritiro fatta circolare per strategie russofobe…
Non va dimenticato, inoltre, che a Rostov sul Don aleggiano le vicende storiche connesse alla proditoria invasione nazista dell’Unione Sovietica (la famigerata Operazione Barbarossa iniziata il 22 giugno 1941) a cui contribuirono anche i militari inviati dall’Italia fascista dapprima come CSIR (Corpo di Spedizione Italiano in Russia) poi mutato in ARMIR (Armata Italiana in Russia), fino alle tragiche perdite ed alle marce nella neve in ritirata o da prigionieri.
Vari documenti, foto ed oggetti relativi alla Grande Guerra Patriottica sovietica contro nazisti e loro alleati aggressori sono esposti in un piano del Marins Park Hotel, sotto la scritta in russo “Memoria eterna agli eroi”.



La realpolitik attuale condanna senza appello il secessionismo filorusso e l’occupazione russa di territori russofoni ucraini dimenticando volentieri passate ma uguali usurpazioni di cui anche l’Italia ha cattiva coscienza. La storia che si ritorce su se stessa…
Nello stesso Marins Park Hotel soggiornano per ritemprarsi dal fronte ucraino vari militari delle truppe cecene inviate in supporto ai russi da Ramzan Akhmatovič Kadyrov (Tsentaroy, 5 ottobre 1976), capo della Repubblica Cecena della Federazione russa, accusato di omicidi e torture e definito, sempre dai media occidentali, “il macellaio di Groznyj”.
Pur conoscendo il loro grado di crudeltà nel combattere (non per niente vengono soprannominati “i sanguinari Kadyrovtsy ceceni”) ho voluto farmi fotografare assieme in quanto interpreti diretti del conflitto e per mia esigenza d’archivio giornalistico.



1 – Ucraina sud-orientale. Dove separatisti e Putin ridisegnano i confini
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